Il 31 maggio 2009 presso il Policlinico “A. Gemelli” di Roma si è celebrata la “Giornata Nazionale del Sollievo”.
Quest’anno si è celebrata all’insegna dello “stare accanto”, in particolare al malato terminale.
Gli organizzatori hanno voluto dedicare uno spazio al ricordo di Alessandra Bisceglia, che hanno conosciuto e apprezzato.
In particolare il Professor Numa Cellini ha ricordato l’impegno di Alessandra Bisceglia: «Lei era con noi, ancora oggi è con tutti noi. Ale ha fortemente sostenuto la manifestazione con la sua presenza e con il suo sostegno ci ha sollevato». Ed ha aggiunto, rivolgendo un invito ai giovani: «Non c’è chi sostiene e chi è sostenuto, tutti siamo chiamati a sostenere tutti».
La mamma, Raffaella Restaino, ha detto: “Mi è stato chiesto di testimoniare, con la mia esperienza personale, che cosa può aver significato per il mio angelo, avere vicino chi ha sostenuto le sue scelte e che cosa ha significato per noi stare accanto a lei. Per lei credo abbia significato la possibilità di provare a gestire, riuscendoci, le difficoltà che ha affrontato con dignità, orgoglio, tenacia, grinta, con la voglia di realizzare sogni e progetti che potevano apparire impossibili, sapendo che qualcuno non solo approvava, ma ne era orgoglioso. Mi risulta difficile ipotizzare che possa esserci accettazione piena di limitazioni e sofferenze, ma sicuramente, sentirsi accettata le ha dato lo stimolo per utilizzare le forze, moltiplicarle, le ha fatto sentire e vivere la forza dell’amore. Per noi è stata un esempio, un modello da imitare. Il progetto di vivere fuori casa a 19 anni, con una disabilità che la faceva dipendere completamente da qualcuno, sperimentando così non solo le sue capacità intellettive e professionali ma anche quelle di una organizzazione il più possibile “autonoma”. È riuscita a farlo frequentando stage, lavorando su una tesi che l’ha portata al lido di Venezia e successivamente esercitando la sua professione senza mai tirarsi indietro. Sembrava una follia perché le difficoltà avrebbero potuto fermare chiunque! C’era chi mi faceva notare che sostenendo la sua richiesta generavo illusioni e che la delusione sarebbe stata ancor più dolorosa. Le stavo facendo del male? C’era chi mi chiedeva se me la sentivo di tenerla lontano da casa, affidarla a mani estranee. Ero incosciente? C’era chi mi sollecitava a individuare i “luoghi specializzati” che potessero ospitarla mentre io cercavo ambienti in cui vivevano altri studenti per consentirle di vivere la sua parte di normalità. Io, la mia famiglia, non abbiamo proprio nulla di speciale, siamo persone come tante, con i nostri limiti, le nostre debolezze. Credo di essere stata esaudita nella mia costante richiesta al Signore di aiutarmi a capire cosa dovevo fare per lei, per farla stare meglio possibile, per non aumentare con le mie paure, il già doloroso quotidiano! Ho imparato a mettere da parte l’egoismo. Non ho amato proteggendo. Poteva essere un freno per il raggiungimento di un’autonomia possibile. Ho imparato ad accettare i limiti e a stimolare le potenzialità, affinché lei provasse non il vissuto di inadeguatezza per ciò che non poteva fare, ma vivesse la gioia di quello che riusciva a realizzare. Ho capito cosa vuol dire amare. Credo che questo le ha consentito di non viversi la rabbia per le rinunce che era costretta a fare facendola sfociare in una pretesa di attenzioni.LEI le attenzioni le DAVA alla sua famiglia, ai suoi amici, alle persone che le volevano bene. LEI è stata impegnata per sostenere associazioni che si occupano della sofferenza altrui. Di questo ha già parlato Lorena Bianchetti che ha ricordato Ale ed illustrato le finalità della costituenda Fondazione di cui lei stessa fa parte.”