Benvenuti al nostro quarto appuntamento con la rubrica “VERSO L’ARMONIA…”.
Oggi parliamo di siblings. Con questo termine si indicano i fratelli di bambini e ragazzi con malattie croniche invalidanti e/o disabilità. Quando una persona deve convivere con una malattia di questo tipo è tutto il contesto familiare ad essere colpito dalla diagnosi, senza esclusioni, soprattutto quando la patologia è anche rara.
Essere un sibling, oggi, può avere diversi esiti, a seconda di come viene affrontata la convivenza con la malattia all’interno del nucleo familiare. Se tutto funziona nel migliore dei modi, essere un sibling porta la persona a sviluppare alcune abilità fondamentali:
– apertura e sensibilità verso l’accettazione della diversità come risorsa;
– capacità di risoluzione di problemi complessi;
– flessibilità e capacità di adattamento anche in situazioni stressanti;
– empatia e capacità di riconoscere e regolare in modo funzionale le proprie emozioni.
Si tratta di capacità importanti per ciascuno di noi. Considerato da questo punto di vista si potrebbe pensare che essere un siblings sia quasi una condizione favorevole, una risorsa. Ci sono, purtroppo, anche altri aspetti da considerare.
Il ruolo di fratello/sorella di una persona con malattia rara, cronica e disabilitante non è una scelta e non è una situazione semplice da sostenere. Si corrono dei rischi che possono portare, nel lungo termine, a esiti completamente opposti a quelli benefici sopra citati.
In alcuni casi i fratelli possono essere iper-responsabilizzati sulla questione della gestione della malattia: può succedere, infatti, che a loro venga chiesto di assolvere a compiti importanti nella cura della persona ammalata, come dare una mano nell’assistenza fisica e nella gestione delle routine quotidiane. Nel caso opposto, si può andare incontro ad una totale esclusione del fratello dalla gestione della malattia. Sono due situazione estreme, queste ultime, che però non sono infrequenti e che possono portare il sibling a vissuti di rabbia e risentimento, nel primo caso, e isolamento, nel secondo.
La maggior parte delle volte a loro viene chiesto semplicemente di essere autonomi e indipendenti nelle proprie attività quotidiane, perché i genitori sono impegnati nella coordinazione di questioni più urgenti. Il risultato di questa richiesta è che il figlio ammalato diventa “figlio unico”, ovvero l’unico figlio di cui i genitori sentono di doversi occupare, perché fragile, bisognoso di aiuto, sofferente. E ad un “figlio unico” corrispondono fratelli/sorelle “senza famiglia”, che crescono da soli e molto più in fretta dei loro coetanei. Se all’inizio, questa richiesta è compresa e accettata dai siblings, che si convincono di non dover creare ulteriori problemi ai genitori, per non pesare su di loro, nel lungo periodo si rischia di sviluppare risentimento, rabbia e, soprattutto, l’idea di non essere abbastanza importanti e di non essere riconosciuti e amati. Come conseguenza, tutto ciò può generare degli adulti abituati a mettere sempre in secondo piano le proprie esigenze o a non riconoscere affatto i propri desideri e bisogni.
Ma allora cosa si può fare?
Le parole d’ordine sono COINVOLGERE, SPIEGARE E TUTELARE GLI SPAZI PERSONALI.
In primo luogo è fondamentale SPIEGARE ai fratelli cosa sta succedendo in famiglia e al loro caro, senza nascondere niente e cercando di trovare il modo più appropriato per farlo (a questo proposito, la Fondazione ha messo a punto un opuscolo dal titolo “Raccontare le Rare”, una guida pratica sul come comunicare e spiegare ai propri figli la malattia). Fatto ciò, è importante coinvolgere attivamente i fratelli nella convivenza con la malattia, affidando loro piccoli, semplici compiti: ciò li sensibilizza, li responsabilizza (senza eccedere) e, soprattutto, li fa sentire importanti e utili. L’ultimo aspetto è il più importante, e andrebbe considerato per ogni membro del sistema familiare, compreso il paziente: la TUTELA DI UNO SPAZIO PERSONALE, in cui coltivare la propria individualità, le proprie passioni e soddisfare i propri bisogni.
Ma la cosa più importante di cui i siblings hanno bisogno è la PRESENZA, ATTENTA E PARTECIPATA, DEI LORO GENITORI. Anche loro, come il figlio ammalato, sono fragili e bisognosi di attenzioni: hanno bisogno di condividere paure ed emozioni con i genitori e di vedere che anche a loro viene dedicato TEMPO.
Hanno bisogno di sentirsi FIGLI E FRATELLI…. NON SOLO SIBLINGS!
Per approfondire questo aspetto, rivediamo insieme l’intervista alla dottoressa Alessia Pace, Psicologa.