Lucia Caretti si presenta con queste poche righe: “Collaboro con La Stampa dal 2014. Mi occupo di sport torinese, montagna e giovani. Curo la comunicazione digitale della Fondazione La Stampa – Specchio dei tempi. Ho 25 anni, un fidanzato santo, molta speranza nel futuro.”
E’ telegrafica ma appassionata anche nel rispondere alle nostre domande.
Partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico è stata una sfida?
Raccontare la sofferenza o i sogni delle persone, lo è sempre. Ti chiedi se hai usato tutta la delicatezza, l’umanità e il rispetto necessari. E non ne hai messi mai abbastanza
Comunicazione Sociale: è un tema che trova spazio sulle testate?
Sì, sempre di più. Sono notizie che i lettori seguono con grande interesse.
Le parole, in un tema come quello del PGAB, si scelgono o sono già scelte?
Quando racconti una storia, le parole si ascoltano. Riordinarle, sì, è una scelta complicata
Le notizie devono essere sempre nuove?
Altrimenti non sono notizie! Nuovo però non vuol dire “mai visto”. Molte cose sono sotto gli occhi di tutti, ma solo chi le guarda in un modo nuovo riconosce che sono notizie
Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?
Possono esistere entrambi i modelli. O modelli misti. Il dramma, oggi, è che nessuno è economicamente sostenibile
Chi è oggi, secondo te, un buon giornalista?
Chi lavora con il metodo di ieri, pensando alle tecnologie di domani. Chi cerca soluzioni per uscire dalla crisi del settore. Chi ha la pazienza di aiutare i giovani a crescere. Chi risponde ai lettori. Chi parla di futuro e di speranza.