Intervista a Valentina Ersilia Matrascia

Matrascia Valentina Ersilia, classe 1987, romana di nascita e napoletana d’adozione. Praticante giornalista presso la Scuola di Giornalismo di Napoli “Suor Orsola Benincasa”. Dopo gli studi classici, si laurea in Lingue e comunicazione internazionale e, presso l’università “La Sapienza” di Roma, si specializza in giornalismo laureandosi con una tesi d’inchiesta sul giornalismo in terra di camorra. Ufficio stampa e social media manager per festival, eventi ed associazioni in particolare in ambito culturale e teatrale. Collabora con diverse testate occupandosi in particolare di tematiche sociali, culturali (tematiche di genere, antimafia sociale, immigrazione, diritti civili). Vincitrice, per l’anno 2019, della borsa di studio del premio “Giancarlo Siani”.

 

Partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico è stata una sfida?

 Confrontarsi con una tematica importante a livello sociale e umano può rappresentare una sfida, con se stessi e con la propria capacità di raccontare la realtà. Partecipare ad un Premio Giornalistico su questi temi è quindi, oltre che una sfida, una responsabilità.

 La Comunicazione Sociale: è un tema che trova spazio sulle testate?

 La comunicazione sociale non trova nei media nazionali, almeno in quelli generalisti, lo spazio e l’attenzione che meriterebbe. Se non in caso di emergenze o fatti di cronaca. Fortunatamente, però, grazie all’attenzione delle testate tematiche pian piano stanno recuperando spazio nell’agenda setting del Paese e dei media. Non resta che sperare che a questo spazio conquistato corrispondano attenzione e linguaggio adeguato.

Le parole, in un tema come quello del PGAB, si scelgono o sono già scelte?

Le parole sono figlie delle storie che raccontano e vanno scelte con attenzione e sensibilità in base anche al tema di cui ci si occupa. Le parole sono importanti, “urlava” Nanni Moretti. A maggior ragione se si devono raccontare storie di vita e a maggior ragione per chi fa – o vorrebbe fare – il giornalista.

 Le notizie devono essere sempre nuove?

 Non necessariamente. Le notizie portano a conoscenza del lettore/pubblico di storie, fatti, situazioni e contesti che non conoscevano o che, pur essendo ogni giorno sotto i loro occhi, conoscevano solo parzialmente o in maniera errata o viziata da pregiudizi o preconcetti.

 Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

 Le imprese editoriali, per loro stessa definizione, sono prodotti commerciali. Questo non le esime, però, dall’essere – e dal dover essere – strumento “a servizio” del pubblico proprio in virtù della specificità della “merce informazione” che, se correttamente fornita, diventa strumento di democrazia.

Chi è oggi, secondo te, un buon giornalista?

 Oggi, come ieri, un buon giornalista è una persona curiosa che non perde mai la capacità e la voglia di fare e farsi domande. Una persona capace, anche avvalendosi delle competenze e degli strumenti tecnologici, di entrare dentro le storie e, con rispetto e empatia, raccontarle e renderle fruibili ad altri. Un buon giornalista è un professionista capace di rispetto, di guardare al mondo senza farsi influenzare dal pregiudizio e consapevole della responsabilità etica e sociale che il suo lavoro gli conferisce.

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