- È una sfida partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico?
Sì, è senza dubbio una sfida, ma è anche molto soddisfacente, perché dietro la partecipazione a questo premio si nasconde una lunga documentazione sul tema approfondito.
- Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?
Nella mia (breve) carriera giornalistica sono proprio le storie di queste donne invisibili per il Sistema Sanitario quelle che mi hanno segnato di più. Avere l’opportunità di conoscere due dei milioni di donne che in Italia non ottengono il giusto riconoscimento non solo della loro malattia, ma del loro dolore, toccare con mano la loro resilienza, la loro determinazione e la loro rabbia è stata una vera fonte di arricchimento, sia dal punto di vista giornalistico che da quello personale.
- Cosa può e/o deve essere oggetto di informazione?
Qualsiasi cosa che suscita un interesse può essere oggetto di informazione. Deve essere oggetto di informazione ogni elemento che è utile comunicare al lettore per una migliore comprensione della realtà che lo circonda.
- La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate? Esistono parole “giuste” per parlarne?
Penso ci siano parole e toni “giusti” per parlare di ogni tema. La Comunicazione Sociale trova sì spazio sulle testate, ma a mio parere non quanto dovrebbe occuparne e non sempre è trattata nei giusti termini.
- Le notizie da divulgare e raccontare devono essere sempre nuove?
Non necessariamente. Anzi, mi appassiona riscoprire e approfondire vecchie storie, temi dimenticati dai più ma che possono suscitare nei lettori lo stesso interesse e la stessa curiosità che generano in me. Per me è estremamente importante non sottovalutare le notizie del passato, perché si possono rivelare fondamentali per capire il presente.
- Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?
È una domanda piuttosto complessa… È chiaro che le testate giornalistiche dovrebbero offrire prima di tutto un servizio pubblico puntuale e realmente informativo, ma la difficoltà del settore giornalistico a sopravvivere ha generato degli ibridi. È evidente come la presenza sempre più massiccia di pubblicità, sponsorizzazioni, rubriche create ad hoc per attrarre maggiori lettori e finanziamenti, ha trasformato sempre di più le testate in prodotti commerciali.
- Che significa, secondo te, essere un buon giornalista?
Per me, essere un buon giornalista significa prima di tutto documentarsi e verificare accuratamente ciò che si racconta. Essere poi in grado di riportarlo con chiarezza, completezza e correttezza.
- Come sei venuto a conoscenza del Premio?
Sono venuta a conoscenza del Premio attraverso una comunicazione della mia scuola, la Scuola di Giornalismo Walter Tobagi di Milano.