Giornalista pubblicista e cultural free lance journalist, ha collaborato per diverse testate giornalistiche. Oggi, scrive per le pagine culturali del quotidiano la Repubblica. Laureata in Giornalismo e cultura editoriale all’Università di Parma, cura diversi uffici stampa nel campo di arte, società e beni culturali. Da sempre impegnata nel sociale, scrive di giornalismo comunitario, occupandosi di migranti e temi multiculturali. Nel 2020, riceve il Premio Giornalisti Under 35 al Festival del giornalismo culturale.
- È una sfida partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico?
L’intera professione giornalistica è una sfida per chi ama questo mestiere. Ma, di certo scrivere di integrazione sociale e cercare di restituire storie di resilienza è oltre che una sfida in più, un impagabile paga di valori.
- Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?
Non saprei. Ogni storia, ogni volto, ogni racconto restituito sulla pagina scritta si porta con sé tutto un mondo difficile da dimenticare. Ci sono particolari di migranti, loro mani, occhi, volti di ragazzi, storie di recupero post tumore, che non dimenticherò.
- Cosa può e/o deve essere oggetto di informazione?
La realtà di un caso o una storia premiante in valori che diventa esempio per tanti o argomento su cui riflettere.
- La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate?
Sì, ma non in tutte allo stesso modo. Ciò dipende ovviamente dall’agenda e dalla direzione editoriale di una testata, come sappiamo.
- Quali gli effetti dei Mass Media e New Media sulla comunicazione sociale?
Spesso la teatralizzazione o la esasperazione. Spesso si parla di comunicazione sociale in modo assistenzialistico, ma non è quello che serve. La comunicazione sociale vuole giornalisti leali, imparziali e cacciatori di valori.
- Esistono parole “giuste” per trattare la Comunicazione?
Le parole giuste si trovano sempre. La parola che preferisco è lealtà.
- Le notizie da divulgare e raccontare devono essere sempre nuove?
Non sempre, alcune magari sono sotto i nostri occhi da tanto tempo, ma diventano nuove per noi quando le scopriamo. Non è mai troppo tardi per raccontare una storia o sviscerare reportage. Ciò che è nuovo, deve esserlo sempre agli occhi del cronista, principale stakeholder dell’opinione pubblica.
- Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?
Credo ancora nel servizio pubblico.
- Che significa essere un buon giornalista?
Rispettare la deontologia, divulgare notizie secondo la verità sostanziale dei fatti, essere scomodi.
- Come sei venuto a conoscenza del Premio?
Mi tengo sempre aggiornata sui premi giornalistici per under35. Dunque, via internet, al momento della pubblicazione del bando di partecipazione.