Maria Letizia Camparsi ha 24 anni nata a Verona, anzi, a Chievo per la precisione. Ha studiato Lettere Moderne all’Università di Bologna e ha frequentato l’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino, dove ha svolto il praticantato. Attualmente collabora come giornalista videomaker per il Fatto Quotidiano. Prima di questo, ha fatto esperienza nelle redazioni di Repubblica, Radio Capital e San Marino RTV.
È una sfida partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico?
È sicuramente una sfida, ma credo che il giornalismo in generale sia una sfida, vista la tipologia di lavoro e il periodo storico in cui lo stiamo svolgendo. Personalmente, adoro le sfide per cui ho accettato volentieri. E poi, mi piace molto raccontare storie, soprattutto quelle che danno voce a chi solitamente non viene ascoltato.
Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?
Proprio quella con cui mi sono candidata. Mi sono sentita investita di una grande responsabilità: far conoscere la realtà di Porta Pazienza, uno dei progetti più belli di cui sono venuta a conoscenza. Senza fini di lucro, ma con il solo fine di aiutare le persone più svantaggiate a integrarsi, divertirsi e condurre una vita dignitosa e piena di soddisfazione. Tutto questo rischiava di scomparire a causa del Covid e io mi sono sentita in dovere di raccontare la loro storia e magari spingere qualcuno ad aderire alla loro raccolta fondi e permettere loro di reinventarsi.
Cosa può e/o deve essere oggetto di informazione?
Tutto ciò che possa arricchire le persone. Le notizie di attualità, raccontate in modo oggettivo, per permettere a tutti di sapere cosa succede nel mondo. Ma anche approfondimenti per capire le ragioni profonde degli eventi e dei cambiamenti. E poi le storie, che raccontano di gente “normale” come noi.
La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate?
Relativamente. O meglio, dipende dalle testate. Personalmente in tutte le redazioni in cui ho lavorato è stato dato sempre molto spazio alla Comunicazione Sociale, dimostrando una particolare sensibilità, che io ho molto apprezzato. Ho realizzato diversi articoli, servizi e interviste sul tema.
Quali gli effetti dei Mass Media e New Media sulla comunicazione sociale?
C’è un effetto positivo e uno negativo. Quello positivo è che con i nuovi strumenti di comunicazione è possibile raggiungere tantissime persone, molte più di quelle che venivano raggiunte vent’anni fa. Dall’altra parte c’è il rischio che alcune storie di persone svantaggiate vengano strumentalizzate a favore della spettacolarizzazione.
Esistono parole “giuste” per trattare la Comunicazione?
Non proprio. Ogni giornalista esprime in qualche modo la sua sensibilità quando scrive, per cui non ci sono delle regole ferree o parole giuste da usare, se non il limite del rispetto.
Le notizie da divulgare e raccontare devono essere sempre nuove?
Non per forza. Si può approfondire o analizzare da una nuova prospettiva un tema già trattato, ma che rimane comunque di interesse comune. Oppure si può raccontare l’evolversi di una storia già raccontata.
Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?
Temo che dal punto di vista dei direttori o dei contabili siano soprattutto dei prodotti commerciali che devono vendere. Io difendo ancora la mia visione romantica del giornalismo, che è prima di tutto un servizio pubblico, per la comunità. Mentre realizzo un servizio o scrivo un articolo penso costantemente all’effetto che possa avere su chi lo vedrà o leggerà, se lo arricchirà in qualche modo, se gli servirà. Non scrivo o giro per me, ma per chi mi legge o vede.
Che significa essere un buon giornalista?
Significa mantenere la barra dritta e non farsi sbilanciare da pressioni di qualunque tipo. Significa lavorare come la nostra deontologia ci impone. Significa avere il coraggio di raccontare tutto quello che succede, anche se può essere scomodo per qualcuno. Significa tornare a casa alla sera ed essere orgogliosi di quello che si è fatto durante la giornata.
Come sei venuto a conoscenza del Premio?
Grazie alla Scuola di giornalismo che ho frequentato, che ha gentilmente inviato a me e tutti i miei ex colleghi il bando di questo Premio Giornalistico.