Intervista a Luca Carrello

  1. È una sfida partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico?

Lo è stato, ma mi ha permesso di capire a pieno il mondo delle persone con disabilità. Grazie al concorso ho imparato a utilizzare un linguaggio corretto e a rapportarmi al tema in modo propositivo, eliminando gli aspetti pietistici. Sono persone normali, uguali a chiunque altro. Quindi è importante farle sentire integrate e non diverse.

  1. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?

Mi ha molto colpito la storia di Claudio Recenti, uno studente con disabilità fuori sede dell’università Iulm. Claudio ha voluto sottolineare che anche le persone con disabilità il hanno diritto di scegliersi l’università, e non devono restare vincolate a una determinata realtà territoriale. Devono avere le stesse possibilità di chiunque altro.

  1. Cosa può e/o deve essere oggetto di informazione?

Ogni tema, se ha una valenza pubblica, può essere oggetto di informazione. Il discrimine sta nel come vanno trattate le notizie. Bisogna tendere il più possibile all’oggettività ed essere completi nel dare la notizia. Si deve anche tutelare la privacy delle persone.

  1. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate? Esistono parole “giuste” per parlarne?

Io credo che sia sbagliato focalizzarsi troppo sulle parole, perché altrimenti si perde di vista il contenuto. Si rischia di fare le battaglie sui termini e non sui diritti. Certo, ci sono delle parole che ormai sono un tabù, e il giornalista che non ne è al corrente dovrebbe fare dei corsi per aggiornarsi e adeguarsi ai tempi.

  1. Le notizie da divulgare e raccontare devono essere sempre nuove?

No anche una vecchia notizia può essere ritrattata se riassurge a pubblico interesse. Occorre però non invadere oltre il dovuto la privacy dell’interessato.

  1. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

Dipende, molte testate hanno titoli acchiappa click e le marchette trovano sempre più spazio perché l’editoria è in crisi. Ma esistono ancora ottimi prodotti giornalistici che fanno un servizio pubblico.

  1. Che significa, secondo te, essere un buon giornalista?

Significa avere a cuore la formazione dell’opinione pubblica. È anche grazie al nostro lavoro se le persone riescono a compiere delle scelte consapevoli. È nostro dovere inoltre tutelare le fasce deboli. Il giornalismo è un mestiere: per essere dei validi professionisti occorre avere metodo e rimanere coerenti con i propri valori.

  1. Come sei venuto a conoscenza del Premio?

Da una mail inoltratami dalla segretaria del Master in Giornalismo Iulm, che frequento (sono al secondo anno).

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