1. Un Premio Giornalistico può realmente sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema così specifico?
Credo di sì. Certo ci sono tanti altri modi per sensibilizzare le persone, in primis i principali mezzi d’informazione, ma anche un Premio giornalistico, per di più con un seguito piuttosto importante, può contribuire a tale risultato.
2. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?
Tra i più recenti, mi ha colpito il racconto dell’alluvione in Romagna. Sono partito volontario pochi giorni dopo i fatti e trovandomi lì non ho potuto fare a meno di raccontare lo scenario di smarrimento, desolazione e in certi casi vera e propria distruzione di quanto costruito in una vita intera. Ma al tempo stesso anche la grande forza d’animo della gente e la solidarietà delle centinaia di ragazzi e ragazze impegnati nel sostegno alle popolazioni colpite.
3. È possibile raccontare la sofferenza senza rinunciare all’oggettività?
Penso proprio di sì. È chiaro che quando si raccontano episodi, scene o storie di sofferenza entra in gioco anche una certa dose di emotività e di empatia, ma l’oggettività è parte integrante ed essenziale del racconto giornalistico, e di questo va tenuto conto anche nelle situazioni appena citate.
4. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle
testate?
Purtroppo non come dovrebbe ma in alcuni casi sì, specialmente durante eventi che catalizzano l’attenzione del pubblico e sono affini a certi temi, penso al Meeting di Rimini o alle iniziative della Comunità di Sant’Egidio.
5. Secondo te bisogna raccontare notizie sempre nuove?
Una notizia è di per sé un fatto nuovo, quindi sì.
6. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi
pubblici?
Mi sforzo di credere che siano ancora servizi pubblici. Per forza di cose sono anche prodotti commerciali, penso ai ricavi pubblicitari con cui vivono i giornali o al marketing che ruota attorno a prodotti moderni come podcast o eventi live, ma penso che ognuna di queste tipologie di fare informazione debba essere comunque spinta dalla necessità di fare servizio pubblico.
7. È possibile fare informazione su tematiche sensibili senza creare allarmismi?
Non solo è possibile, è necessario. Purtroppo in Italia, penso per una questione di indole e culture latine, e quindi “calde”, tendiamo a vivere tutto, comprese le notizie, in maniera totalizzante, sia in positivo che in negativo. Ma l’allarmismo non porta da nessuna parte, e di conseguenza soprattutto trattando tematiche sensibili occorre equilibrio, rigore e attinenza ai fatti.
8. Come sei venuto a conoscenza del Premio?
Attraverso la scuola di giornalismo di Urbino, che ho frequentato, e che ogni anno invia agli ex allievi il bando di concorso.