1.È una sfida partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico?
Sì, pur essendomi occupato nella mia carriera prevalentemente di informazione medico-scientifica. Oltre che per una gratificazione professionale, ritengo che i premi rappresentino sempre un’occasione per mettere il proprio operato alla prova.
2. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?
Ce ne sono diverse e riguardano soprattutto pazienti oncologici (come nel caso della paziente intervistata per la TgR). Di seguito riporto i link dei servizi che ritengo più significativi, in tal senso:
3. Cosa può e/o deve essere oggetto di informazione?
Tutto ciò – anche in ambito medico-scientifico – che risponde ai requisiti del diritto di cronaca fissati a più riprese dalla Corte di Cassazione. Ovvero: l’interesse pubblico di una notizia, la continenza formale con cui la si espone e il rispetto della verità sostanziale dei fatti.
4. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate? Esistono parole “giuste” per parlarne?
Al di là di alcune realtà editoriali ad hoc (penso a Vita e all’inserto Buone Notizie del Corriere della Sera), c’è un interesse crescente da parte delle testate a dare spazio a questo genere di informazione. Non ritengo che ci siano parole giuste, purché ci si attenga ai principi sopra enunciati. Le storie vanno raccontate, entrando nella vita delle persone in punta di piedi e restituendo a chi legge tutto ciò che può essere utile. Nessun altro dettaglio superfluo per lui, ma che può essere molto delicato per il protagonista: soprattutto quando si parla di salute.
5. Le notizie da divulgare e raccontare devono essere sempre nuove?
La novità è uno dei criteri con cui viene valutata una notizia, per decidere se metterla in pagina (in senso lato: carta, web o tv) o meno. Uno dei criteri, però. Non l’unico.
6. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?
Ve ne sono di entrambi i tipi. La RAI, per esempio, svolge un servizio pubblico di informazione. Rimanendo all’ambito dell’informazione sulla salute e avendoci lavorato tanti anni, lo stesso posso dire per una realtà non profit come Fondazione Umberto Veronesi. Tecnicamente, tutte le altre testate offrono un prodotto commerciale. Ciò non equivale, naturalmente, a un giudizio sulla qualità dell’informazione offerta.
7. Che significa, secondo te, essere un buon giornalista?
Raccontare la verità sostanziale dei fatti. Ovvero quella che si riesce a ricostruire dopo aver fatto tutte le verifiche possibili prima di dare una notizia, che in alcuni casi può non combaciare esattamente con quanto realmente accaduto. Soltanto dopo aver lavorato in questo modo, di giorno in giorno, un giornalista può affermare di aver svolto correttamente il proprio lavoro. Indipendentemente dal genere di informazione di cui si occupa: dalla cronaca all’informazione scientifica, dalla moda all’informazione economico-finanziaria.
8. Come sei venuto a conoscenza del Premio?
Attraverso la Rete.