Intervista a Davide Arcuri

1. È una sfida partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico?

Una grande sfida. Raccontare le storie di persone affette da patologie specifiche è sempre complicato. Trattare il tema delle malattie rare lo è ancora di più. Serve molta sensibilità, bisogna evitare qualsiasi tipo di spettacolarizzazione e soprattutto rispettare sempre la dignità delle persone coinvolte. Una vera sfida quotidiana per chi sceglie di trattare questo tema.

2. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?

Nei miei primi anni di carriera ho raccontato centinaia di storie, difficile dire qualche mi abbia segnato di più. Relativamente a questo lavoro non posso che pensare all’intervista alla mamma di Alessia che parlando di pazienti rari dice: “Sono bambini speciali, ma prima di tutto sono bambini”. Questa frase a mio parere racchiude il senso fondamentale di questo particolare tipo di comunicazione.

3. Cosa può e/o deve essere oggetto di informazione?

A mio parere ogni storia, dalla più importante alla più banale, può ambire a diventare una notizia. Ogni storia può insegnare qualcosa a chi la legge, la guarda o la ascolta. Nel giornalismo d’oggi esiste un evidente squilibrio tra notizie negative e notizie positive. Penso che bisognerebbe offrire sempre più spazio all’approfondimento e alla divulgazione.

4. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate? Esistono parole “giuste” per parlarne?

A mio parere, purtroppo, lo spazio dedicato dai media italiani alla comunicazione sociale non è sufficiente. Spesso alcuni problematiche sociali vengono messe al centro dell’attenzione mediatica solo dopo gravi fatti di cronaca. Secondo me andrebbe trovato il modo di dare sempre maggiore spazio ai temi sociali attraverso le notizie positive, in grado di avvicinare i lettori a temi lontani dalla vita quotidiana, senza passare per forza da una tragedia.

5. Le notizie da divulgare e raccontare devono essere sempre nuove?

Penso di no. Molte storie e molte tematiche oggetto della divulgazione necessitano di essere approfondite e ricordate periodicamente per mantenere alta l’attenzione su determinati argomenti e favorire la formazione di chi ne legga, guarda o ascolta.

6. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

Purtroppo secondo me nell’ultimo periodo le testate tendono sempre più a vendersi come prodotto commerciale perdendo di vista il loro scopo principale: offrire informazione di qualità. Penso che il futuro delle testate giornalistiche dovrà sempre più confrontarsi con questa sfida.

7. Che significa, secondo te, essere un buon giornalista?

Un buon giornalista secondo me ha come obiettivo principale tentare di raccontare la verità. Cercare di dare uno sguardo sopra le parti, riportare i fatti così come accadono senza lasciarsi andare ad interpretazioni soggettive. Rispettare sempre la dignità delle persone al centro della notizia e del lettore che sta dall’altra parte.

8. Come sei venuto a conoscenza del Premio?

Tramite la newsletter FNSI.

 

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