Il podcast e l’ascolto delle fragilità: perché la voce vince sull’immagine

Laura Pertici, giornalista del quotidiano la Repubblica

“La parola è per metà di colui che parla e per metà di colui che ascolta”

Michel Eyquem de Montaigne

“Qual è la scala delle fragilità? È dettata dalla gravità dello stato di chi ha bisogno d’aiuto, indubbiamente. Ma sappiamo anche che dipende nella società dal numero di persone che reclamano una qualche attenzione oltre che la nostra assistenza. Dipende dalla concentrazione di questi singoli in un luogo che evidentemente dobbiamo sentire vicino perché la nostra reazione sia, se non immediata, almeno efficace. Questi sono dati di realtà, magari non ci piacciono, non ci descrivono in modo edificante, ma sono lì, sotto ai nostri occhi, e anche se vogliamo far finta di non vedere, non scompaiano. Piuttosto negarli, negare la verità, ritarda la sua correzione, ritarda il tempo di una cura.

Perché partire da una scala delle fragilità per parlare di malattie rare e pensare ad Alessandra? Perché al tempo della pandemia (quindi di un virus tanto contagioso e così globalizzato da non rendere “sicuro” neanche un luogo remoto della Terra se comunque più di qualcuno ci può arrivare), e in special modo al tempo della guerra, le fragilità cui può prestare attenzione un Paese evoluto – perché se lo può permettere, perché le sensibilità possono connettersi alla ricerca di soluzioni o di stati di sollievo – all’improvviso rischiano di diventare invisibili, trasparenti. E solo quindi la dedizione di professionisti, oltre che dei più vicini, i cari di chi soffre; la conoscenza; la consapevolezza che la rarità non è meno grave e uno spazio per ciascuno va trovato, possono fare la differenza.

Il mio intervento però non è così facile da inquadrare in questo contesto, perché pensare ai podcast come parte di un cammino, può sembrare straniante. Curioso, sì. Ma poco aderente, poco attinente. E se (nonostante tutto) può anche essere vero, ciò su cui voglio sollecitare la vostra attenzione è solo l’esperienza fatta negli ultimi due anni e mezzo. A partire quindi sì dall’esplosione del Covid in Italia e quindi nel mondo. Passando per la guerra pure. Ma cercando un modo per non fare sentire lontani o sperduti. Con un lavoro giornalistico, in una redazione – quella di Repubblica – nella quale però come tutti ci siamo dovuti velocemente adattare alla realtà che cambiava all’improvviso. Costringendoci all’immobilità, all’isolamento, mentre cresceva a dismisura la fame di informazione.

I podcast quindi. Avevamo già cominciato a sperimentare dei format nel 2019 a Repubblica. Si stava affermando questo strumento in tutto il mondo, si partiva dall’enorme successo di “Serial” – qui siamo nell’ambito del giornalismo investigativo, negli Stati Uniti, un lavoro che inizia nel 2014 e diventa un super-caso, grazie al consumo di massa, come quello di una serie tv, tra l’altro la scorsa settimana è stato scarcerato l’uomo di cui raccontava la storia, era stato condannato per l’omicidio della sua ragazza quando aveva 17 anni, grazie a questo podcast il caso era stato riaperto – comunque, non perdiamoci, dicevamo i podcast.

Tre anni fa in Italia erano in netta crescita, li ascoltavano circa 12 milioni di persone, in prevalenza donne, in prevalenza giovani. Oggi siamo a circa 16 milioni di ascoltatori. Sono sempre i millennials i maggiori consumatori (il 77 cento di loro ha un’età fra i 19 ed i 24 anni, secondo l’ultimo rapporto Nielsen). Ma rispetto allo scorso anno c’è un deciso aumento di persone fra i 55 ed i 69 anni, tra gli users, in quella fascia quasi sei persone su dieci ascoltano podcast. Tutti sono comunque abituati ad essere molto connessi. E infatti, se agli albori del podcast si ascoltava in prevalenza nel tragitto da casa al lavoro o a scuola, mentre si faceva sport ora – la pandemia sì che ha cambiato le cose – ci si predispone all’ascolto soprattutto a casa, sebbene capiti poi di avviare un podcast un po’ ovunque, visto che è un’operazione semplice e ha bisogno al massimo di uno smartphone e due cuffiette. E il tempo che vi si dedica – nel mentre si può fare molto altro – in media è di ben 23 minuti.

Tutto questo ve lo racconto soprattutto per farvi capire che – date queste premesse – si poteva sperare che fosse uno strumento utile a raccontare il Covid o la guerra. Ma non potevamo immaginare, in redazione, che la risposta degli utenti fosse così positiva. Che il nostro lavoro giornalistico poteva ancora cambiare, in fondo tornare all’antico, al fascino della radio, avendo spazi per la profondità, nell’era in cui è tutto volatile, velocissimo, e un titolo (che costa fatica) vale un tempo molto limitato, perché su tutti si impone il tempo reale. La notizia successiva, a rullo, 24 ore su 24. Ovunque. Dai social, ai siti, alle tv, ai giornali che con tenacia arrancano dietro.

La ricerca Nielsen ‘22 già citata ci spiega che per il 39 per cento degli ascoltatori di podcast pesa moltissimo la tematica, seguita dall’autore o narratore (non è detto che siano la stessa persona, e quando è dichiarato a me personalmente va benissimo, mi risento un po’ quando è facilmente intuibile, ma si costruiscono narrazioni un po’ fantasiose…). Questo dato è centrale perché effettivamente visto che in questo tipo di ascolto la predisposizione, la disponibilità a non andar di corsa, è molto alta, si è aperto uno spazio di informazione d’approfondimento come da un po’ non succedeva. E la voce è stata/è parte – se parliamo di informazione – del successo dei tentativi messi in produzione. Perché una voce, ancora di più di una penna, vibra, trasmette emozioni, e più facilmente si può sentire sincera, quindi in modo molto diretto toglie o aggiunge credibilità al lavoro giornalistico. E può dare magari conforto oltre che nozioni, notizie, informazioni a chi si sente fragile e lontano. E invece diventa vicinissimo”.

COSA ABBIAMO REALIZZATO IN QUEST’ULTIMO ANNO E MEZZO?

Molti Focus, interviste sul Covid, sui vaccini, schede audio sui sintomi, sulle regole da seguire durante la pandemia. E poi abbiamo pubblicato molti podcast dedicati ai fragili. A partire da:

Risvegli

https://www.repubblica.it/podcast/storie/risvegli/stagione1/

In collaborazione con il Centro nazionale rianimatori , la Casa di Luca e il  Centro nazionale trapianti

Noi e loro

https://www.repubblica.it/salute/dossier/noi-e-loro/

Sulla storia dei vaccini, e su anticorpi e vaccini al tempo del Covid 19

La vita comincia ogni giorno

https://www.repubblica.it/salute/dossier/giornata-mondiale-leucemia-mieloide-cronica/2021/09/22/news/podcast_la_vita_comincia_ogni_giorno-317935832/

Niente più cicatrici (questo non è produzione nostra ma lo abbiamo acquistato in esclusiva e ci abbiamo costruito intorno un approfondimento)

https://www.repubblica.it/salute/2021/03/01/news/un_podcast_racconta_storie_di_ragazze_interrotte_fra_ferite_e_cicatrici-288892508/

Io sono qui

https://www.repubblica.it/salute/2022/05/18/news/io_sono_qui_il_podcast_che_racconta_la_vita_dei_pazienti_con_la_colite_ulcerosa-350093311/