Paola Severini Melograni, giornalista e conduttrice Rai
“I media e la notizia della fragilità: come darla, diffonderla, rafforzarla“
“Salve a tutti, mi volevo scusare ma vengo direttamente dalla trasmissione. Difatti dalla maglietta con la scritta si capisce che ho appena registrato e che vedrete il programma, spero, domenica mattina. Mi voglio scusare, perché avrei voluto assolutamente ascoltare questi colleghi così bravi, ho fatto in tempo a sentire uno dei miei direttori che è Roberto Natale. La nostra trasmissione gode di una serie di direttori, abbiamo il direttore Antonio Di Bella per l’approfondimento, il direttore della rete che è Franco Di Mare, il vicedirettore che si chiama Corsini che è quello che ci segue. Ve lo dico perché è veramente molto complesso gestire un tema così delicato come il nostro dei fragili in Rai, con una trasmissione che è specializzata in questo contesto. Da tanti anni faccio la radio, la collega Pertici è andata via ma la ringrazio, perché francamente non ero ancora riuscita a capire esattamente come funzionasse il magico mondo dei podcast e mi rendo conto che le trasmissioni in radio che faccio da quando ero ragazzina, quasi da 40 anni sono in realtà dei podcast, perché lavoro da sempre sulla voce e perché cerco di stabilire un certo tipo di rapporto con gli ascoltatori. Quello che noi facciamo è un grande servizio sociale. Ho tamponato il fatto di stare in trasmissione ma non seguire voi perché ho mandato la mia bravissima assistente che domani mi farà un riassunto preciso di tutte le relazioni di oggi, vedo che già è preoccupata. Roberto Natale ha parlato della pornografia del dolore e di quello che può fare o deve fare il telespettatore o l’ascoltatore a cui noi ci rivolgiamo e questo è qualcosa contro cui la nostra squadra fa una battaglia da tantissimi anni, perché la televisione italiana pubblica nella sua rincorsa cominciata al momento della televisione commerciale non utilizza qualunque possibilità e qualunque momento per mettersi in gara con risultati spaventosi. La pornografia del dolore si verifica quando sentiamo il racconto dell’intervista al papà del piccolo Matteo, quando vediamo dopo qualche tragedia il nostro collega che infila il microfono sotto il naso del padre, del figlio, della moglie, della sorella: quella è pornografia del dolore. Pornografia del dolore è anche non saper gestire i temi importanti che sono tanti e che sono delicatissimi. Vorrei a questo proposito raccontarvi una vicenda, perché è bene che voi comprendiate oltre a vederla e seguirla nelle nostre trasmissioni, anche la realtà che ci circonda.
Una vicenda che mi coinvolge a livello personale, ci ho messo 40 anni per arrivare a fare questa battaglia perché la vedevo, la trasmissione doveva essere così ma non ero compresa o non mi sapevo spiegare o non riuscivo a trovare dei referenti, la trasmissione scatta dopo anni e anni di radio e di piccole produzioni che erano un contorno ma non erano questo obiettivo, e questo obiettivo guardate è un obiettivo cari colleghi è davvero molto difficile, perché quando noi facciamo parlare attraverso una tavoletta di plexiglass trasparente Caudio Imprudente all’una e mezza di notte, vuol dire che abbiamo compreso che questa è la strada giusta. Ma non ci siamo improvvisati, abbiamo fatto tanti errori, è stato un percorso molto difficile, vi racconto questa vicenda che parte dal 2016. Sanremo 2016, faccio una grande battaglia per portare Ezio Bosso, sapevo che avrebbe cambiato la percezione, ne ero convinta proprio perché ero partita con questo lavoro tanto tanto tempo prima e avevo avuto anche grandi maestri oggi, ho avuto in trasmissione il vecchio assistente di Domenico Modugno con cui abbiamo aperto in malinconia, Agrigento, Fermo e ci rivedevamo appunto dopo 40 anni. So che ho imparato anche da Domenico Modugno, dal suo modo di porsi. Ezio Bosso cambia il paradigma e noi abbiamo un enorme successo, 13 milioni di ascoltatori in tutto il mondo. L’anno dopo riusciamo a portare i Ladri di Carrozzelle che è un’altra di quelle realtà italiane che non esistono proprio da nessun’altra parte del mondo e facciamo 10 milioni e mezzo. Poi però, come succede spesso in queste strutture così elefantiache che come la Rai non è uno che prende il buon esempio e continua in quella strada, no cambia tutta la struttura la squadra di Sanremo, cambia la squadra, cambiano gli agenti, cambia la visione e chi la fa subito dopo di noi 2018 – andatevi a vedere chi l’ha fatta che ancora c’è – decide di insistere su quel tema senza avere gli strumenti e la competenza per farlo, perché la comunicazione in generale ma la televisione soprattutto sono degli strumenti delicatissimi che possono diventare delle pistole cariche con le quali ci si può anche suicidare, non è che uno spara sempre nei confronti degli altri. Qual è stato il ragionamento? Abbiamo portato Ezio Bosso che stava male ma aveva tutto quel fascino del personaggio, della musica classica di lui da solo davanti al pianoforte, l’anno dopo i Ladri di Carrozzelle gruppo rock ma in realtà sì il cantante è cieco, però danno una sensazione di enorme vitalità. Come facciamo a superare il percorso? Non hanno fatto la domanda come facciamo a proseguire il percorso !!! No, volevano fare di più a tutti i costi, violentando il telespettatore e che cosa hanno fatto? C’era un morto, una specie di salma, un cadavere, quindi hanno scelto una persona con sma 2 quindi gravissimo che parlava attraverso un sintetizzatore vocale e che era praticamente steso e che si chiama Paolo Palumbo e che io chiaramente essendo il mio lavoro un supermarket delle disgrazie comunque lo conosco da sempre, da quando Paolo Palumbo ha avuto la prima difficoltà, lo conosco da quando camminava poi è andato in carrozzina, quindi ho visto tutta l’evoluzione e avevano detto che Paolo Palumbo aveva scritto una canzone e l’avrebbe cantata con il sintetizzatore vocale. Paolo Palumbo faceva il cuoco, faceva l’aiuto cuoco non ha mai scritto una canzone. Dietro Paolo Palumbo c’era un gruppo di delinquenti, compreso la sua famiglia, che peraltro poi sono stati condannati perché hanno truffato il mondo universo attraverso un palcoscenico che è il palcoscenico della Rai, perché Sanremo è il palcoscenico e io però lo sapevo, avevo avvisato l’amministratore delegato di allora perché avevo visto lo scontro di Palumbo in radio quando ancora parlava perché aveva scritto un libro molto intelligente intitolato Sapori a colori, perché aveva avuto la pec per cui voi sapete bene che non si può più avvertire, si può guardare il colore e sentire il profumo e può essere una cosa che aveva un senso ma da qui a scrivere la canzone e andare a Sanremo voglio dire, è come un altro mondo, un’altra cosa. Quando questi signori vengono condannati, questo succede alla fine del 2018 ho sperato che la cosa fosse finita così ma questo comportamento di ricerca a tutti i costi di una percentuale anche di mezzo di share per cui sono disposti a tutto e lo vediamo in certe trasmissioni televisive che abbiamo visto durante il Covid, poi lo abbiamo visto durante la guerra per cui si poteva invitare tutti, anzi, chi ne sapeva di meno come il discorso dell’edicolante di chi mi ha preceduto era più giusto perché faceva di più la sceneggiata napoletana. Un mese fa apro un grande quotidiano e trovo una pagina dedicata a Paolo Palumbo che fa un nuovo disco, praticamente lui oramai è praticamente morto, non so quanto gli resterà ma la squadra di delinquenti intorno a lui è ritornata alla carica e chiedevano una raccolta fondi, io chiamo la collega e le dico, basta che vai immediatamente su internet e vedi tutto quello che c’è dietro mi raccomando fai una rettifica, questa cosa poi viene a cascata e succede di tutto, lei mi ha detto ci ho parlato, ma scusa tu stai a Cagliari il quotidiano è di Milano, avrete capito appunto di che quotidiano si tratta non è un quotidiano qualunque e non è piccolo, e lui mi dice Paola io ci ho parlato, una voce meccanica può essere qualsiasi cosa. Questo è il grande problema chiaramente è uscito su tutti i giornali del gruppo, qui c’è un grande direttore avanti a me, non perché io ogni tanto scriva su Avvenire ma perché questa cosa non sarebbe mai successa, e non sarebbe mai successa perché Marco Tarquini ma anche tutta la sua squadra prima di fare una cosa di una tale leggerezza e con una tale violenza intono, e torno alla violenza della pornografia del dolore, ci avrebbe pensato dieci volte e avrebbe fatto una verifica ormai i nostri colleghi non verificano nulla. Noi non mandiamo in onda niente che non sia perfettamente certo. L’altro giorno è uscita una cosa sulla stampa importante su una cura della SLA, io dei dubbio li ho ancora e ho chiamato Silvio Garattini e ho fatto fare una ricerca da Mario Negri e ho detto fermati finché non siamo certi noi in televisione, perché in televisione è qualcosa di molto forte impattante nella vita della gente ti entra dentro casa, tu devi essere certissimo, sicuro attentissimo e devi sempre pensare al danno prima del vantaggio per te e questo negli ultimi tempi non è successo, il caso di Paolo Palumbo è qualcosa che mi ha di nuovo sconvolto ora si è bloccato, magari fra due anni non so se sarà ancora vivo ma ci sarà un altro Paolo Palumbo e qualcuno che cavalcherà questa cosa, ve lo dico perché vedo anche dei colleghi e vedo anche dei giovani perché questo nostro mondo è così tanto sensibile e delicato che se non si è competenti e attenti, san Giovanni Bosco diceva che il bene bisogna farlo bene, perché se no diventa male , bisogna saperle le cose avere un po’ di competenza. Roberto Natale ha raccontato nel 1980 il lavoro cominciato dalla comunità di Capodarco che è un lavoro che ha giunto fino a noi e così tante realtà del nostro mondo del terzo settore, purtroppo questo tema viene affrontato da tutti con una superficialità assoluta, una showgirl non lo può affrontare questo tema, non può parlare di salute, di sanità di guerra, non può fare l’opinionista, sarebbe l’ora che la televisione pubblica prendesse una decisione in questo senso, non possiamo infliggere delle cose assolutamente grottesche a chi paga il canone, non lo possiamo fare e io cerco sempre quando torno a casa la sera a farmi proprio l’esame di coscienza, come si dicevano una volta, ho fatto a volte degli errori ad oggi, oggi abbiamo avuto un padre medico in registrazione e per questo non ero da voi con una figlia autistica gravissima che sta cercando di fare un lavoro su cousing l’abbiamo detto con molta attenzione io vedevo che lui era stanco, che era addolorato la figlia la notte era stata male, si può gestire un intervista, un rapporto, una relazione perché la nostra relazione con gli ascoltatori in mille modi, dobbiamo cercare di non rischiare e veramente di fare il bene bene perché abbiamo una grandissima opportunità, noi abbiamo l’onore di fare questo lavoro ma è anche un grande onere farlo e una grandissima responsabilità. Bisognerebbe avere un controllo diverso, purtroppo ci sono organi di controllo che non controllano e non dicono una parola, ci sono delle strutture nel nostro mondo, c’è l’ordine dei giornalisti, ho visto che qui c’era non so se c’è ancora il presidente dell’ordine del Lazio e il presidente dell’ordine nazionale io vorrei che facessero sentire di più la loro voce, certe cose le possono dire e fare i giornalisti che hanno una formazione adatta per farlo, tutti i nostri corsi di aggiornamento mah lasciano il tempo che trovano. Prima di tutto ci vogliono delle regole di buon senso e poi mai dare delle notizie non verificate, vecchio discorso del mio primo direttore che era Antonio Pirelli, se io mi fossi mai azzardata di dare una notizia non verificata mi avrebbe licenziato in tronco, sul momento, come si fa a fare una cosa di questo genere? Scusate per oggi, dopo aver parlato con questo genitore, ogni volta che incontro i genitori mi sento sempre coinvolta, dico ma farò abbastanza? Sarà sufficiente il messaggio che noi mandiamo? Sarà giusta la strada che prendiamo? Poi mi confronto con tutta la nostra squadra ragioniamo e molto spesso buttiamo il lavoro fatto se non è all’altezza di quello che vogliamo raccontare e soprattutto se c’è anche in piccolo rischio di confondere le persone non può andare in onda. Questa è la mia visione. Avremmo potuto giocare in un altro modo la nostra partita è sicuramente alzare molto di più l’indice di ascolto, siamo nello sgabuzzino delle scope e ogni tanto lo dico negli angoletti in orari impossibili, facciamo quello che possiamo in quegli orari, quando avremo l’opportunità di andare in prima serata ci comporteremo comunque sempre così perché queste sono le nostre regole e la nostra visione, noi non abbiamo bisogno di un pubblico indignato come striscia la notizia o di attaccare dalla mattina alla sera tutto quello che avviene, noi vogliamo raccontare le cose positive per cercare di dare un modello positivo, crediamo ancora in un ruolo pedagogico della televisione pubblica crediamo ancora che come diceva un grande intellettuale che era Popper, la televisione insegna sempre non è solo una cattiva maestra ma insegna quando fare cose buone e cose cattive e quindi noi cerchiamo di insegnare il positivo e di fare in modo che la nostra impostazione sia in qualche maniera presa a modello. Siamo arrivati all’oggi dopo un lunghissimo percorso ora ci aspetta la sfida più difficile quella di un paese in difficoltà, un paese che cambia completamente governo, che cambia impostazione avremo un autunno di gente con difficoltà economiche e i nostri ragazzi fragili e le loro famiglie sono quelli che vivono in una condizione di massimo svantaggio, dobbiamo essere la loro servizio e cercare di farlo insieme, questo è l’appello che io rivolgo ai miei colleghi della carta stampata, dateci una mano cercateci di starci vicino non soltanto indicandoci le storie che secondo me vale la pena che siano raccontate in televisione quindi amplificate la soprattutto raccontando anche un po’ lo sforzo che noi facciamo quotidianamente e credeteci è una sfida quotidiana pesantissima, faticosissima riceviamo centinai di mail al giorno e dobbiamo cercare di rispondere a tutti dateci una mano e soprattutto se sbagliamo in qualche modo, se impostiamo male la nostra visione indicatecelo correggeteci perché nessuno ha la certezza in mano è che io non vorrei mai più vedere le cose che vedo distribuite in questo modo da persone che non hanno nè la competenza e soprattutto che non hanno la nostra visione che è una visione, qui siamo in una situazione di un certo tipo, un premio dedicato ad una ragazza che è morta a 28 anni e che aveva quella visione io non l’ho potuta conoscere ma l’ho conosciuta attraverso i suoi amici e ha lasciato una testimonianza importantissima, cerchiamo di seguire quel tipo di testimonianza, la testimonianza di Alessandra Bisceglia”.