PAOLA SPADARI – Presidente Ordine dei Giornalisti del Lazio
Il presidente Verna l’ha ricordato: siamo in presenza di un’emergenza che mette a dura prova anche l’informazione, siamo sulla lama di un rasoio. I
l Paese sta affrontando un’emergenza inedita, vissuta sulla propria pelle che richiederebbe il ricorso alle energie migliori a disposizione.
Oggi quindi anche noi che partecipiamo all’informazione combattiamo un virus, quello della mala informazione, che si alimenta delle parole spesso sbagliate, non corrette, ma soprattutto della contrapposizione, se non addirittura dell’odio, e che non ha nulla a che fare con il legittimo diritto di cronaca.
L’informazione deve comprendere appieno il contesto nel quale esercitare la propria funzione sociale.
Questo convegno è un’iniziativa lodevole, perché promuove la buona informazione e diffonde il buon giornalismo tra i giovani e questo, secondo il mio parere, il parere dell’Ordine, è una delle nostre principali funzioni.
Però oggi assistiamo alla rappresentazione di fatti e all’uso di parole che alimentano spesso divisioni, che fanno leva sulle paure, mentre saremmo chiamati a fare la nostra parte per rallentare la corsa del pendolo, sempre più orientata verso il facile ricorso all’aggressione verbale. E non ci vuole nulla a passare dall’aggressione verbale a qualcosa di più tangibile, più grave. Comodo e veloce volàno di questo pericoloso uso, se non abuso, sono i social dove spesso dilagano parole di odio, di insulto, facendone bersaglio soprattutto le fasce più deboli e particolarmente esposte, e puntando a esporre i cittadini a una tensione continua. La logica della polarizzazione dei conflitti, della contrapposizione continua e dei muri è qualcosa che non affligge soltanto chi fa informazione, noi addetti ai lavori. I semplici cittadini infatti hanno meno strumenti di noi per maneggiare questo materiale così delicato, e quindi non vengono messi in condizione di decifrare i codici di un dibattito diffuso, sempre più deteriorato e spesso rissoso.
La funzione del giornalismo è duplice.
Deve intanto consolidarsi nei giornalisti stessi che il rispetto delle regole cui siamo sottoposti nell’esercizio del nostro lavoro riguarda anche e soprattutto la nostra presenza sui social, che non devono costituire -come spesso ahimè accade- una zona franca.
Inoltre, i social, a mio avviso, dovrebbero essere più massicciamente utilizzati da chi, come noi giornalisti, quindi addetti ai lavori, ha maggiore padronanza dei mezzi espressivi per agire a contrasto proprio dei fenomeni degenerativi e aggressivi nei confronti di chi non la pensa allo stesso modo, di chi non ha gli stessi strumenti per difendersi.
I social dovrebbero farsi, al contrario, volàno di messaggi positivi contro l’alimentarsi delle paure, delle strumentali contrapposizioni. Ma questa funzione delicatissima spesso rischia di essere indebolita da attacchi alla stessa libertà di espressione, si tacitano coloro che si fanno portavoce di messaggi diversi e si ostacola il difficile lavoro di indagine che porta alla conoscenza dei cittadini fenomeni altrimenti oscuri e scomodi, rispondendo così quella che è la nostra missione principale, affidata ai giornalisti dalla stessa Costituzione.
Il nostro lavoro deve essere finalizzato anche a consolidare proprio nei cittadini la consapevolezza del bene comune, che è l’informazione, rappresentato soprattutto da chi svolge il nostro mestiere in modo professionale.
Ecco, in nome di questo principio e di questo valori molti colleghi hanno sacrificato la propria serenità esistenziale, il proprio diritto alla sicurezza. Voi sapete che ormai dilaga purtroppo (nel Lazio abbiamo uno dei primati) l’attacco ai giornalisti, le minacce sono diventate numericamente molto rilevanti. È un fenomeno che ha una rilevanza.
Credo però che oggi i cittadini abbiano una maggiore consapevolezza del valore di una informazione corretta e verificata nel difficile momento in cui viene messo a repentaglio il loro diritto alla salute, materia molto delicata. Si, è vero, dilagano sui social le fake news, dilagano informazioni fuorvianti rispetto a questo bene così importante che è il diritto alla salute però, proprio nel momento del lockdown, c’è stato un ricorso massiccio alle informazioni certificate primarie e credo che il lavoro a cui si faceva riferimento, di questa piattaforma messa in campo dai giovani, probabilmente usa degli algoritmi che cercano di enucleare il valore e fornire informazioni vere e certificate.