Intervista a Emanuele Bussa

1. Come hai saputo del Premio e perché hai deciso di partecipare?

Sono venuto a conoscenza del premio tramite il sito web. Ho pensato che la storia che avevo appena pubblicato, riguardo il mio recente viaggio in Ucraina, potesse essere adatta a concorrere.

2. Un Premio Giornalistico può realmente sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche sociali?

Non credo che un Premio Giornalistico da solo possa bastare, ma il continuo impegno a trattare queste tematiche e raccontare storie riguardo questo argomento, affrontato da punti di vista differenti, può sicuramente contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica.

3. Qual è la storia che hai raccontato che ti ha segnato di più?

La storia che mi ha segnato più profondamente è stata quella relativa al viaggio dei migranti dall’Italia alla Francia lungo il passo della Morte (pubblicata su Global Voices). Seguirli durante il loro viaggio al fine di comprendere tutte le sfide e gli ostacoli che hanno dovuto superare è stato davvero difficile emotivamente. Anche la storia riguardante la situazione dei civili in Ucraina mi ha segnato profondamente, soprattutto essere testimone della loro sofferenza senza poter fare nulla nell’immediato per aiutarli.

4. Esiste una ricetta per raccontare la sofferenza con oggettività?

Non esiste ricetta per l’oggettività. Bisogna comprendere la situazione e raccontarla cercando di esplorare i diversi punti di vista. Ovviamente è impossibile rimanere impassibili di fronte alla sofferenza. Bisogna però ha il dovere di raccontarla attenendosi ai fatti reali, provando ad immedesimarsi, ma senza perdere di vista la realtà.

5. Hai mai incontrato barriere nel raccontare la sofferenza? Se sì, di che tipo?

A volte le stesse persone che soffrono non vogliono che qualcuno li veda in quelle condizioni e racconti il loro dolore. Quasi come se ne vergognassero. Spesso sono quindi queste stesse persone a porre ostacoli o barriere che non vogliono vengano superate.

6. Il giornalismo moderno dà un adeguato spazio alle tematiche sociali?

Il giornalismo moderno fornisce uno spazio adeguato, ma, a mio parere, deve concentrarsi di più sulle persone, ponendole al centro della storia, per poi raccontare l’intero contesto.

7. L’utilizzo della intelligenza artificiale nel giornalismo è un valore aggiunto o un rischio per la comunicazione sociale?

L’intelligenza artificiale così come i social media possono essere sicuramente un valore aggiunto. Tuttavia è necessario stabilire delle regole precise da dover seguire. Il rischio più grande è la diffusione di fake news.

8. Che significa, secondo te, essere un buon giornalista?

Mi è stato insegnato che il giornalismo riguarda le persone. Una buona storia deve essere sempre incentrata su una persona o su un gruppo di persone. Essere un buon giornalista significa essere interessato a conoscere chi ti sta davanti, confrontarsi e discutere. In pratica essere in grado di rapportarsi e lavorare con altre persone, sempre nel massimo rispetto reciproco. Solo in questo modo si può crescere individualmente e professionalmente.