Intervista ad Aniello Cassese

  1. Un Premio Giornalistico può realmente sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema così specifico?
    Un premio giornalistico può avvicinare l’opinione pubblica al ruolo del giornalismo e alle tematiche sociali affrontate ma, ritengo, può essere fondamentale dal punto di vista sociale soprattutto perché unisce cittadini e giornalisti in un processo di valorizzazione che premia, per
    l’appunto, l’impegno degli stessi giornalisti e l’interesse dei lettori che hanno speso il loro tempo per soffermarsi su quelle tematiche e
    aumentare il loro grado di conoscenza.
  2. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?
    Ho raccontato, per fortuna, già parecchie storie ma quella che più mi ha segnato è stata quella di un senzatetto, Gheorghe Parasciv, che ho
    scoperto mentre raccontavo la situazione di degrado dell’ex caserma Cesare Battisti di Nola, in provincia di Napoli. In quella mega struttura
    Gheorghe dormiva senza luce, con una bombola di gas e un fornellino e nonostante tutto ospitava un amico senzatetto e accudiva un cagnolino
    di strada. Viveva lì da 8 anni, ormai era, suo malgrado, un reietto ai margini delle regole. E’ morto due anni fa per mano di un connazionale
    che, al culmine di una lite, lo ha ucciso, trasportato su un motorino e gettato in una campagna vicina.
  3. È possibile raccontare la sofferenza senza rinunciare all’oggettività?
    E’ possibile ma difficile. La sofferenza è intima ed è quindi spesso soggettiva. Ciò che si può raccontare con oggettività è il contesto della
    sofferenza, le cause, le possibili contromisure, le problematiche collegate, ecc. In ogni caso, per me, il giornalista deve sempre dare
    voce a chi non ce l’ha ed essere allo stesso tempo empatico ma anche professionale cercando di veicolare messaggi autentici, giusti e non
    sensazionalistici o mendaci.
  4. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate?
    La comunicazione sociale trova poco spazio sulle testate perchè, banalmente, non vende come può vendere il gossip, la politica e tanto
    altro. La comunicazione sociale, soprattutto se raccontata con i linguaggi comunicativi vecchi, annoia e, in un mondo veloce e ricco di
    banalità come quello dei social, tende a restare in un angolo. Tuttavia, in un piano editoriale non può, anche oggi, non essere inserito un settore
    che si occupi di attualità, sociale e sensibilizzazione.
  5. Secondo te bisogna raccontare notizie sempre nuove?
    Bisogna raccontare notizie sempre nuove ma, soprattutto, non bisogna aspettarle. Bisogna ricercarle, guardando la realtà e ciò che ci circonda
    con curiosità. Ogni cosa fa notizia se raccontata bene e se utilizzata per cambiare lo stato delle cose o alimentare un dibattito.
  6. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?
    Le testate ad oggi sono sempre più prodotti commerciali che si interessano delle vendite. Sostanzialmente non è più il lettore che
    aspetta qualcosa dal giornale ma è il giornale che aspetta il lettore per dirgli ciò che vuole sentirsi dire e, in questo modo, garantirsi un flusso
    di vendita. In questo modo però non c’è aumento di conoscenza nè progresso sociale.
  7. È possibile fare informazione su tematiche sensibili senza creare allarmismi?
    Si, anzi deve essere la prima regola per chi fa informazione sociale.
    Anche se la tematica dovesse essere forte e paurosa, bisogna raccontarla sempre con toni professionali affidandosi ai pareri degli esperti. Bisogna, proprio in questi casi, raccontare senza giudicare o commentare eccessivamente.
  8. Come sei venuto a conoscenza del Premio?
    Ho partecipato ad un premio giornalistico di recente nel mio territorio, volevo proporre dei miei recenti lavori ad altri premi e ho ricercato i
    premi più importanti in ambito giornalistico su internet. Mi è interessato questo premio e ho deciso di partecipare.