Intervista ad Elisabetta Rosso

1. È una sfida partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico?
Sicuramente. Sia per la specificità del tema sia per la delicatezza dell’argomento.

2. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?
La storia di Mariano. Purtroppo molte volte le malattie rare vengono trattate con superficialità. A pagare l’incompetenza sono proprio le persone affette da determinate patologie, che non solo devono affrontare una situazione difficile come la malattia, ma anche scontrarsi con l’ incompetenza di alcuni medici.

3. Cosa può e/o deve essere oggetto di informazione?
Le storie, che possono diventare sia esempi positivi sia moniti per i rischi di determinate situazioni. Da rispettare invece la privacy dei pazienti.

4. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate? Esistono parole “giuste” per parlarne?
Sì, non sempre, ma alcune storie riescono a raggiungere anche le testate giornalistiche. Come in ogni ambito esistono parole giuste, ancor di più quando le parole vengono usate per raccontare situazioni delicate e dolorose. Da sottolineare anche l’attenzione per il gerco tecnico e scientifico.

5. Le notizie da divulgare e raccontare devono essere sempre nuove?
L’attualità della notizia è sicuramente un criterio importante, ma l’attualità non è sempre legata alla cronologia dei fatti. Se una notizia può essere rilevante anche anni dopo allora deve essere raccontata.

6. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?
Sono entrambe le cose. Dipende dalla testata.

7. Che significa, secondo te, essere un buon giornalista?
Riuscire a portare alla luce notizie rilevanti che creino maggior consapevolezza, farlo in modo corretto e rispettoso.

8. Come sei venuto a conoscenza del Premio?
Attraverso alcuni colleghi che mi hanno consigliato di partecipare.

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