Intervista a Pietro Mecarozzi

Giornalista, autore e jazzofilo. Comincia a la Repubblica Firenze, poi La Nazione, Class, Vice, The Post Internazionale, Momento Italia, Gli Occhi della Guerra, The Vision, La Stampa, il Fatto Quotidiano, L’Espresso e Linkiesta. Un master in giornalismo politico-economico alla Business School de Il Sole 24 Ore, un libro alle spalle e tanta passione per politica, economia, inchieste e data journalism. Nel tempo libero? Charles Mingus, Milan e Dosto.

 

1. È una sfida partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico?

2. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?
Baby gang e baby boss

3. Cosa può e/o deve essere oggetto di informazione?
Carceri, migranti, criminalità organizzata, soggetti deboli, discriminazioni

4. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate?

5. Quali gli effetti dei Mass Media e New Media sulla comunicazione sociale?

6. Esistono parole “giuste” per trattare la Comunicazione?
Quelle vere

7. Le notizie da divulgare e raccontare devono essere sempre nuove?
Dipende, ci possono anche essere tagli diversi

8. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?
Un ibrido

9. Che significa essere un buon giornalista?
Fornire un servizio per la società, scoprire e svelare, fare chiarezza, non
essere autocelebrativi ma dietro alla notizia.

10.Come sei venuto a conoscenza del Premio?
È la seconda partecipazione

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