Intervista a Gloria Giavaldi

Pubblicista appassionata, da sempre interessata al sociale, crede nel giornalismo capace di produrre risultati concreti. Scrive storie e raccoglie pezzi di vite coraggiose. Vivendola tutti i giorni sulla propria pelle, ama descrivere la diversità con spirito di verità, convinta che il cambiamento culturale tanto richiesto passi necessariamente dalle parole. Attualmente collabora con la testata web Crem@online, partecipa al progetto Sogna Forte del noto giornalista Iacopo Melio e svolge attività di comunicazione e ufficio stampa per alcune associazioni operanti nel settore della disabilità.

 

  1. È una sfida partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico?

 No, è un piacere ed un impegno nel quale credo molto. Per me significa provare a raccontare uno spaccato di vita quotidiana che sperimento tutti i giorni sulla pelle. Nonostante questo, penso che ogni storia mi offra l’occasione per crescere e migliorare, dal punto di vista umano, prima che professionale. 

  1. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?

 Ogni storia è importante, perché differente ed unica. Tutte, però, sono accomunate dal coraggio di riuscire, di andare avanti abbracciando gli ostacoli. È questo il più grande insegnamento che ogni giorno porto con me.  Quella di Francesca e Jacopo, che ho scelto di candidare al concorso, mi ha colpito per la delicata schiettezza con cui ci accompagna alla scoperta di un amore silenzioso ma vero, che lega le persone oltre ogni differenza.   

  1. Cosa può e/o deve essere oggetto di informazione?

 Il nostro è un lavoro a servizio della verità. Raccontare la verità nell’ambito della comunicazione sociale significa scavare, andare oltre il pregiudizio per far emergere la ricchezza della diversità, lontano da ogni forma di pietismo. Non esistono solo le difficoltà o i meritati successi sportivi degli atleti paralimpici, ma anche storie di ordinaria determinazione rispetto alle quali è un dovere non restare indifferenti.  

  1. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate?

Sì, ma non abbastanza. Viene considerata ancora una tematica ‘di nicchia’. Mi auguro che la situazione possa cambiare, convinta come sono che il cambiamento culturale tanto richiesto passi necessariamente dalle parole. 

  1. Quali gli effetti dei Mass Media e New Media sulla comunicazione sociale?

 Entrambi hanno contribuito alla diffusione di storie ed esperienze, ma credo che la strada da fare sia ancora molta. Al momento la disabilità viene concepita ancora come una ‘cosa degli altri’, degna di reale considerazione solo quando ci riguarda da vicino. Spesso le narrazioni proposte sono superficiali, dense di parole ‘sbagliate’, che non descrivono le persone, ma la loro disabilità. E le persone non sono (solo) la loro disabilità.

  1. Esistono parole “giuste” per trattare la Comunicazione?

Assolutamente sì, sono quelle che rispettano le persone e descrivono la realtà per ciò che è, senza cadere nel pietismo, né nell’abilismo. Sono quelle che raccontano la verità. 

  1. Le notizie da divulgare e raccontare devono essere sempre nuove?

No. Le storie sono sempre nuove anche quando non presentano una notizia attuale. Basta non stancarsi di guardarle da una prospettiva sempre nuova. 

  1. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

 Svolgono un servizio pubblico fondamentale, del quale a volte manca la consapevolezza. 

  1. Che significa essere un buon giornalista?

 Un buon giornalista è curioso, attento, appassionato. Pesa le parole, evita il sensazionalismo. È obiettivo, empatico e ama ascoltare. Non resta in superficie, mira al fondo o, spesso agli angoli: lì si nascondono le storie migliori. 

  1. Come sei venuto a conoscenza del Premio?

 Ho conosciuto questa bella iniziativa capitando per caso sul sito web.

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