Giorgio Saracino, 24 anni, giornalista praticante del Master della LUMSA in Giornalismo si presenta così al nostro pubblico: Laureato in lettere, ho frequentato la Scuola di Giornalismo della fondazione Basso. Ho lavorato in redazioni diverse redazioni: Sky Sport 24, Radio Vaticana, Left e Report (Rai Tre), oltre ad altre varie collaborazioni. Amo il microfono e la videocamera.
Alla nostra intervista ha risposto così:
Partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico è stata una sfida?
Partecipare al premio Alessandra Bisceglia è stata una sfida, ma soprattutto una responsabilità. Raccontare la disabilità è un onore e un dovere a cui ogni giornalista deve assolvere: il giornalismo sociale è probabilmente l’arma più forte per dare a tutti gli stessi diritti. Ci vogliono però sensibilità e rispetto: questi gli elementi della sfida.
Comunicazione Sociale: è un tema che trova spazio sulle testate?
Credo che la comunicazione sociale trovi spazio in alcune testate, non in tutte. Ovviamente è un tema delicato che spesso e volentieri si accompagna con il sensazionalismo, di cui si potrebbe fare tranquillamente a meno. La denuncia di situazioni negative e soprattutto il racconto di quelle positive è difficile da vedere sui media, specialmente quelli “tradizionali”.
Le parole, in un tema come quello del PGAB, si scelgono o sono già scelte?
Le parole sono già scelte, ma si può scegliere sempre come usarle. Non si deve aver paura di pronunciare termini come “disabile” o “down”. Bisogna solo avere il rispetto di farlo senza essere offensivi.
Le notizie devono essere sempre nuove?
Non credo che le notizie debbano essere sempre nuove, anzi. Riconosco che sembra strano a dirsi, vista anche l’origine latina del termine, che significa “Nuovo”. Ma ad oggi, visti anche i “nuovi” media, credo che il peso specifico della notizia – se così possiamo chiamarlo – stia nel modo in cui si racconta un fatto. Se un tema di rilevanza sociale merita di essere riportato sui social più di una volta, ben venga. Se un collega ha già trattato un argomento, non importa se io lo racconto nuovamente in un altro modo. Potrei intercettare un pubblico diverso, e quindi assolvere al compito di giornalista, che è informare – correttamente – il più alto numero di persone. Quindi non per forza notizia nuova, ma storia che è giusto raccontare. Anche cento volte.
Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?
Le testate sono prodotti commerciali, come è sempre stato. Se ci sono delle persone che investono il proprio denaro nell’attività editoriale, non potrebbe essere diversamente. L’importante per il giornalista è saperlo, e sfruttare al massimo la libertà di movimento che ha all’interno del giornale.
Chi è oggi un buon giornalista secondo te?
Un buon giornalista è una persona che sappia unire diverse competenze. Non si può pensare di essere dei buoni giornalisti se non si sa usare un pc, ad esempio. Un buon giornalista di oggi deve saper scrivere, riprendere, montare, fotografare, parlare. E chi più ne ha più ne metta. Gli elementi tradizionali del mestiere – la curiosità e l’intraprendenza – sono elementi necessari, ma non sufficienti.