(DAL “W ALE NOTIZIE” N°37, DEL 2 OTTOBRE 2019)
Rubrica Scientifica a cura del Prof. Cosmoferruccio De Stefano
Il sangue ossigenato viene inviato dal cuore ai tessuti attraverso le arterie, che diventano sempre più piccole per alimentare i letti capillari. Il sangue privato di ossigeno refluisce in vene sempre più grandi e quindi torna al cuore.
La pressione sul lato arterioso è maggiore rispetto al lato venoso. Come conseguenza: Il plasma viene filtrato nello spazio interstiziale. Circa il 90% del plasma interstiziale viene riassorbito dal circolo venoso.
La restante parte di plasma interstiziale viene intercettata dai capillari linfatici afferenti che sono ad estremità chiusa come le dita di un guanto e presentano lungo le loro pareti ampie aperture.
I vasi linfatici sono dotati di valvole unidirezionali che aiutano a dirigere la linfa verso i linfonodi i quali sono formati anche da cellule immunitarie che contribuiscono anch’esse a filtrare il plasma eliminando possibili minacce microbiche.
Nel corpo umano si trovano circa 600– 800 linfonodi. Alcune persone hanno linfonodi più grossi, ma in numero minore, altre invece linfonodi più piccoli, ma in numero maggiore. I linfonodi “non sono ghiandole”, anche se erroneamente sono detti anche ghiandole linfatiche. Le ghiandole sono organi che producono importanti e anche indispensabili sostanze per l’organismo, per esempio gli ormoni. I linfonodi hanno invece una funzione di depurazione: sono stazioni di filtraggio della linfa. Ingranditi hanno l’aspetto di spugne.
Il plasma torna nel circolo venoso attraverso il dotto toracico, che svuota la linfa nelle Vena succlavia sinistra e nelle vene giugulari, e il dotto linfatico destro che si libera la linfa nelle Vena succlavia destra e nelle vene giugulari.
Definizione di Linfedema
Se il normale flusso nel sistema linfatico è bloccato, Il plasma si accumula nello spazio interstiziale con conseguente Accumulo di: acqua, proteine e detriti cellulari. Questo stato porta alla formazione di “edema” (accumulo di liquidi negli spazi interstiziali) ed attivazione dei macrofagi che producono molecole pro-infiammatorie. Come effetto si assiste ad un danneggiamento delle cellule circostanti con conseguente fibrosi tissutale (tessuto cicatriziale: indurimento). I dati ricavabili dalla letteratura internazionale corrispondenti a quelli ufficiali dell’OMS riportano un’incidenza del linfedema nel mondo pari a 300 milioni di casi. Quasi la metà dei linfedemi è di origine primaria su base congenita linfoangioadenodisplasica, dovuti cioè ad una malformazione con conseguente malfunzionamento dei linfonodi e vasi linfatici con una possibile trasmissione a carattereereditario. Altri 70 milioni sono di origine parassitaria e le forme più frequenti sono rappresentate da infestazione da filaria presente nelle aree tropicali e subtropicali. Quindi possiamo distingue un linfedema primario ed un linfedema secondario.
Linfedema secondario
La chirurgia per l’asportazione dei linfonodi (linfadenectomia) può influire sul funzionamento del sistema linfatico, causando un accumulo di linfa nell’area interessata. La radioterapia estesa sui distretti linfonodali può danneggiare l’area interessata, determinando la formazione di tessuto cicatriziale che ostruisce il flusso della linfa. Le cellule tumorali che si diffondono ai linfonodi possono ostruire i vasi linfatici, causando un accumulo linfa. Un tumore adiacente che comprime i vasi linfatici può bloccare i linfonodi più vicini.
Un altro esempio di linfedema secondario è rappresentata dalla “La filariosi linfatica è un’infezione del sistema linfatico causata da una di tre specie di nematodi” (figura 5). Le filariosi sono diffuse nelle regioni calde dell’Africa, dell’Asia e dell’America centro-meridionale. Il quadro clinico della filariosi linfatica comprende manifestazioni acute (funicoliti, orchiti, linfangiti, adeniti) e croniche dominate dall’elefantiasi dello scroto, degli arti inferiori e superiori e, più di rado, dei seni. La terapia tradizionale per tutte le filariosi è principalmente sull’uso della dietilcarbamazina, farmaco molto utile nei confronti delle microfilarie e dotato di una certa attività anche sul verme adulto. Per prevenire i gravi fenomeni allergici dovuti alla liberazione massiva di antigeni per lisi delle microfilarie, è opportuno iniziare il trattamento con dietilcarbamazina a dosi basse, da aumentare poi progressivamente. Allo stesso scopo si suole associare al predetto trattamento la somministrazione di cortisonici.
Nelle filariosi linfatiche appare utile somministrare antibiotici per evitare le sovrainfezioni batteriche. Naturalmente, non va dimenticata la necessità di un trattamento chirurgico in presenza di elefantiasi o di chiluria.
Linfedema ereditario
Le forme primitive di linfedema, a trasmissione ereditaria, sono dovute ad ipoplasia o agenesia dei vasi linfatici con conseguente alterato drenaggio o stasi linfatica. I linfedemi primari possono essere:
• solo a carattere familiare;
• familiari o sporadici;
• familiari, sporadici o sindromici.
Si parla di linfedema congenito quando l’età di insorgenza è < 1 anno. Si parla di linfedema precoce quando l’età di insorgenza è < 35 anni. Si parla di linfedema tardo quando l’età di insorgenza è > 35 anni.
Il linfedema ereditario può essere dovuto a cause cromosomiche, geniche o multifattoriali.
Un esempio di linfedema ereditario dovuto alla mutazione di un singolo gene è il “Linfedema congenito di Milroy” (oMiM 153100). È una malattia genetica trasmessa con carattere monogenico autosomico dominante a penetranza incompleta nel 90% dei casi.
La malattia è relativamente rara, con un’incidenza di 1 su 6000 nati ed un rapporto maschi femmine di 1 su 2,3. È caratterizzata da un quadro sindromico in quanto a livello genitourinario presenta un idrocele, a livello cardiovascolare si sviluppano degli emangiomi, a livello cutaneo si ha la formazione di ipercheratosi, papillomatosi ed emangiomi; a livello dei muscoli si assiste allo svilupparsi di linfedema prevalentemente negli arti inferiori. Il gene difettivo è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 5.
Il gene codifica per il recettore 3 del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGFR3). VEGFR3 è uno dei geni più importanti responsabili della linfoangiogenesi, in quanto sembra intervenire nello sviluppo del sistema linfatico e del sistema cardiovascolare durante l’embriogenesi.
Studi su topi transgenici, omozigoti per mutazione sul gene VEGFR3, hanno evidenziato che essi muoiono prima della nascita, come conseguenza di severe anomalie cardiovascolari. Quindi tale gene è fondamentale per le cellule che compongono l’organismo (gene housekeeping).
VEGFR3 è un membro della famiglia dei recettori tirosino-chinasi ed è costituito da 31 esoni, in cui sono state identificate circa 19 mutazioni. Tutte le mutazioni descritte localizzate a livello di uno dei 2 domini tirosino-chinasi (TKI e TK II), dimostrano la necessità di questi stessi domini nel favorire la funzione di trasduzione del segnale di VEGFR3.
Domenico Dell’Edera
Rosalba Ardea Dell’Edera
Maria Teresa Dell’Edera