(dal “W Ale Notizie” n°27, del 5 aprile 2017)
Rubrica Scientifica a cura del Prof. Cosmoferruccio De Stefano
Relazioni del Convegno “Le Patologie Vascolari Congenite: dalla diagnosi alla gestione della Malattia Vascolare rara” (Roma, 10/10/2015)
Continuiamo la pubblicazione, già iniziata nei Notiziari n. 25 e 26, di quanto presentato in occasione del Convegno, con la relazione “La Radiologia Interventistica nella gestione delle Malformazioni linfatico-venose” del Prof. Piergiorgio Falappa, Radiologo interventista già Direttore Unità Operativa di Radiologia IDI Roma
Le malformazioni vascolari linfatico-venose fanno parte delle malformazioni congenite a basso flusso. Quando sono stato contattato per parlare di questo tema mi sono chiesto quale potesse essere il mio contributo e, da anziano tra i Radiologi Interventisti, ho pensato che forse qualche “pillola di saggezza” potesse essere il mio vero contributo. In realtà ho potuto osservare risultati a “vero lungo termine” e ho incontrato tante piccole e grandi complicanze che hanno condizionato e caratterizzato il mio atteggiamento prudenziale nel decidere se e come trattare queste malformazioni.
Tra le possibilità del trattamento di radiologia interventistica si parla di Scleroterapia o Scleroembolizzazione, Radiofrequenza e Laserterapia interstiziale. Queste metodiche possono essere impiegate prima di un eventuale trattamento chirurgico, dopo un primo approccio chirurgico oppure possono essere impiegate solo come trattamento radiologico.
La scleroterapia si può eseguire mediante iniezione diretta intralesionale sotto guida ecografica e/o fluoroscopica di Polidocanolo, Sodiotetradecilsolfato (STS), Picibanil (O K 432), Etanolo al 95 %; il controllo diretto in tempo reale suggerisce le quantità utilizzabili di queste sostanze che comunque vanno da circa un cc a 10 e raramente a 20 cc.
Il mio personale atteggiamento è quello di frazionare il trattamento in più sedute quando l’estensione della patologia è considerevole. Ciò ci consente di valutare l’eventuale risposta positiva al trattamento e limitare gli eventi avversi.
Le malformazioni linfatiche che possono essere trattate con scleroterapia sono le forme macrocistiche ben individuate dall’ecografia, dalla risonanza magnetica e anche dalla tomografia computerizzata. Sono trattabili forme macrobiotiche anche profonde e è tassativo il controllo fluoroscopico durante l’iniezione che deve sempre essere preceduta da introduzione di solo contrasto iodato.
Questa manovra ci indica la via di deflusso, la modalità di distribuzione e ci suggerisce la quantità di sclerosante da poter utilizzare. Per ridurre o annullare temporaneamente le vie di fuga possono essere utilizzati lacci emostatici o strumenti di compressione studiati a seconda della sede.
Questo comportamento migliora l’effetto sclerosante favorendo una tromboembolizzazione intralesionale che garantisce l’intrappolamento della sostanza sclerosante impedendone la sua diffusione nel torrente circolatorio.
Le malformazioni linfatiche microcistiche non si giovano della scleroterapia perché la sostanza non può diffondersi istantaneamente nel tessuto patologico. In questi casi solo l’intervento chirurgico può asportare il tessuto, ma occorre tenere presente che le recidive sono molto probabili vanificando l’atto terapeutico.
In casi eccezionali di malformazioni giganti di un arto per mancato sviluppo della via linfatica collettore principale, si può ipotizzare di curare la malformazione eseguendo anastomosi linfatico-venose per via chirurgica. Nelle malformazioni vascolari venose il trattamento sclerosante è analogo tenendo presente in questi casi che il flusso anche se lento per essere indirizzato verso il circolo venoso profondo.
La preliminare iniezione di contrasto iodato deve sconsigliare il trattamento sclerosante che potrebbe provocare delle involontarie e gravi tromboflebiti profonde con esiti invalidanti. Anche nelle forme venose il trattamento suddiviso in più sedute e in vari punti di iniezione della sostanza sclerosante sono quantità totali di farmaco per seduta mai molto elevate è un suggerimento che raccomando caldamente.
Il rischio, quando si usino grosse quantità di sclerosante, è quello di provocare una coagulazione intravascolare disseminata (C I D) che è una complicanza grave non facilmente controllabile. In passato sono stati utilizzati come sostanze sclerosanti prodotti molto viscosi oggi non più in commercio come l’Ethibloc che avevano però anche una maggiore incidenza di ascessualizzazione.
Le indicazioni al trattamento nelle malformazioni vascolari linfatico-venose sono riservate alle formazioni associate ad una alterazione funzionale, le forme con sintomatologia soggettiva dolorosa e infine le malformazioni con grave alterazione estetica in aree visibili; in questo ultimo caso che va sempre opportunamente ponderato occorre tener conto che una eventuale complicanza con necrosi e ulcerazione andrebbe a peggiorare ulteriormente l’inestetismo già precedentemente presente.
Tra i risultati possibili della terapia sclerosante va considerata la riduzione di volume della patologia fino alla scomparsa della stessa senza sofferenza ischemica della cute e senza complicanze ulcerative. La mia esperienza però mi spinge alla prudenza e consiglio di non dare mai false illusioni al paziente avvertendolo sempre che i buoni risultati possono essere temporanei e che nel tempo si potrebbero avere delle recidive anche parziali che a loro volta sarebbero passibili di ulteriori trattamenti.
Tra le complicanze possibili della scleroterapia si ricordano le necrosi cutanee con ulcerazioni, gli ematomi, l’ascessualizzazione, l’embolia polmonare e in casi eccezionali riportati dalla letteratura va ricordato anche l’exitus.
In conclusione il trattamento radiologico delle anomalie vascolari a basso flusso ha il vantaggio di essere controllato in tempo reale con la ecografia e con la fluoroscopia; può essere facilmente frazionato in più sedute vagliando gli effetti clinici nei tempi intermedi e non è associato a cicatrici deturpanti. Il trattamento può portare a un miglioramento temporaneo della malattia e di questo va informato il paziente senza creare false illusioni e aspettative non mantenute.
Va ricordato che i ritrattamenti sono sempre possibili senza limiti di età con gli stessi criteri di prudenza e metodo.
Talora l’associazione del trattamento radiologico con quello chirurgico può portare a un potenziamento del risultato finale e per questo è sempre bene che il piano e le modalità di trattamento vengano discusse in modo collegiale da un team di specialisti in sedi qualificate e di provata esperienza in questo campo.
Il mio motto di un Radiologo Interventista è che in patologia vascolare congenita non debbo mai dimenticare che i potenziali benefici siano sempre superiori alle potenziali complicanze nel trattamento di una patologia che è essenzialmente benigna.