AV: il grande intervento. Il ruolo dello psicologo prima durante e dopo

di Maria Langellotti, psicologa e psicoterapeuta

La psicologa e terapeuta Maria Langellolli ha parlato nel convegno al Campus Biomedico di Roma del “grande intervento”, introducendo una serie di elementi psicologici che si accompagnano sia nella fase precedente che in quella successiva, ad interventi importanti come le amputazioni o le installazioni di protesi.  La relazione si incentra sia sulla fase antecedente all’intervento, che su quella in cui il paziente proprio inizia a scoprire la sua patologia. Nella patologia – viene evidenziato – bisogna considerare più variabili, non solo quelle di tipo organico, ma anche quelle legate all’aspetto di tipo fisiologico, a quello psicosociale, alle relazioni con l’ambiente esterno agli effetti sulla famiglia o alle risposte del contesto lavorativo. Bisogna considerare poi l’età, l’appartenere o meno al mondo della scuola, le diverse caratteristiche di personalità e quindi l’essere estroversi o meno estroversi.  La relatrice fa parte di un team multidisciplinare che ha sede proprio al Campus biomedico, dove spesso arrivano pazienti che non hanno solo una malformazione vascolare o un angioma, ma che hanno anche altre malattie associate. Langellotti, nella sua relazione, fa l’esempio di una ragazza da lei seguita, che non ha solo una malformazione al piede, ma che è costretta a convivere con altre patologie che viste nell’insieme determinano un carico psicologico elevatissimo. Ma che cosa succede prima di un grande intervento? Cosa succede dopo? Come si innescano i processi di adattamento? Come si accettano le grosse cicatrici? Tra i fattori psicologici, sia prima che dopo l’intervento, si possono manifestare insoddisfazione rispetto alla propria immagine corporea o episodi complicati di depressione o ansia, difficoltà di gestione delle emozioni.

Se siete interessati all’argomento e volete seguire l’intero intervento in video della psicologa e psicoterapeuta Maria Langellotti, vi basterà cliccare il seguente link:

Rispetto alla depressione, all’ansia e alla depressione uno studio in particolare del 2019 ci dice che i pazienti donna di età media di 44 anni con diverse patologie croniche rare hanno sviluppato una depressione nel 42% dei casi e ansia nel 23% dei casi, questo effettivamente mostra l’elevato carico psicologico delle malattie rare sottolineato dalle tante associazioni e dalla nostra fondazione stessa che ogni giorno si interfaccia appunto con queste patologie.

Ho accennato prima l’immagine corporea, una dimensione secondo me importantissima sul piano psicologico. L’immagine corporea che cos’è? È il modo in cui ci appare il nostro corpo fondamentalmente quindi facciamo riferimento alla forma, alla dimensione e alle emozioni che proviamo verso le nostre forme e la nostra dimensione. Quindi vediamo come effettivamente nelle malformazioni vascolari questa dimensione è rifiutato come prima vi ho accennato una MAV produce moltiplicazioni strutturali al corpo talaltro non costanti ma continue e questo produce una ridefinizione dell’immagine corporea costante e alla fine si può arrivare all’accettazione di questa condizione o a un continuo rifiuto e spesso purtroppo ci troviamo difronte ad un rifiuto ed è per questo che interviene la psicologia.

Quali sono i fattori di rischio prima e dopo l’intervento? Li ho messi vicini prima e dopo perche in realtà sono gli stessi. Possiamo vedere rima problematiche dell’accettazione del proprio corpo, proprio perché le MAV comportano una continua modificazione e dopo però anche problematiche relative all’accettazione del proprio corpo della parte trattata o addirittura amputata se ci troviamo difronte ad una amputazione insoddisfazione sulla propria immagine corporea prima, insoddisfazione per l’eventuale presenza di cicatrici molto evidenti o arto amputato dopo sempre relativa all’immagine corporea. Insoddisfazione sulla qualità di vita prima correlata ad eventuali correlane nel corso della patologia e insoddisfazione sulla qualità di vita dopo correlata ad eventuali correlanze post intervento perché ci possono essere. Nel prima rinuncio alla socialità, sono persone spesso sole prima dell’intervento sono persone che rinunciano proprio alle interazioni sociali alle attività e a tante attività, dopo può succedere la stessa cosa soprattutto se parliamo del grande intervento. Prima emozioni tipo senso di vergogna, rabbia, tristezza ma dopo insieme a queste emozioni si può sviluppare anche ostilità nei confronti dei medici.

Il concetto di auto accettazione è un concetto molto importante in psicologia ed è quello a cui noi inviamo fondamentalmente noi psicologi quando lavoriamo con pazienti di questo tipo. Mi viene in mente quando parlo di auto accettazione  una delle frasi di Alessandra Bisceglia che in un certo senso dice che le persone che vivono infelici è perché non hanno capito il DNA della loro anima, mi deve perdonare Alessandra se non l’ho detta proprio come l’ha scritta lei però il concetto è proprio quello, questo significa che l’auto accettazione implica proprio l’accettazione dei punti di forza e di debolezza di ciascuno di noi in generale e significa anche in generale in sintesi mettere da parte la critica verso i propri difetti verso ciò che vediamo come difetti e iniziare soprattutto però a considerare di accettare la propria imperfezione, questo è un altro concetto molto importante che in generale tutti i pazienti con cui ho a che fare, io stessa spesso mi ci sono trovata in questa situazione, andiamo verso la perfezione quindi vogliamo sempre essere perfetti non solo sul piano estetico ma su molti piani e quindi cosa succede però che quando non si accetta la possibilità di un imperfezione noi dobbiamo accettare che l’essere umano è imperfetto fondamentalmentee su questo proprio che bisogna lavorare.

Vediamo alcune prospettive teoriche sull’auto accettazione in psicologia umanistica, alcuni autori come Maslow e Rogers sostengono che è connessa all’autoralizzazione e all’intraprendere relazioni interpersonali, altri autori come Ellis e Robb dicono che è decisiva per una solida salute emotiva e anche comportamentale, altri è la consapevolezza che quando ci imbattiamo in un infortunio oppure in una malattia possiamo guarire dal dolore se essso viene definito, che cosa vuol dire? Diamo un confine al dolore cioè quella parte malata non è il nostro essere malato fondamentalemnte ma è quella parte malata della quale dobbiamo prenderci cura che è un altro tipo di situazione spesso invece veniamo sopraffatti dall’idea che quella parte malata ci rappresenti come essere malati e quindi non dando un confine al doore non riusciamo a guarire ed arrivare all’auto accettazione. Andiamo al grande intervento, l’esperienza delle amputazioni di un arto è un evento traumatico ed è traumatico sia fisico ma anche sul piano psicologico e sociale, qualunque sia la causa può essere legata ad un infortunio, incidente oppure in questo caso ad una malattia produce comunque un cambiamento drammatico nella vita di una persona, sono le fasi del lutto perché è sempre la perdita di un qualcosa che ci appartiene in questo caso. Quindi sul piano fisico il corpo si deve adattare al dolore dovuto all’arto fantasma, alla realizzazione di abilità funzionali senza la presenza di quell’arto, alle aspettative funzionali circa la realizzazione di attività nella vita quotidiana e alla ripresa del lavoro e di altre attività. Sul piano psicologico che succede? Cioè i pazienti devono trovare dei compromessi con i cambiamenti della loro vita devono quindi iniziare a fare i conti con ciò che è appena accaduto e con le sue conseguenze, devono accettare come abbiamo già accennato la propria nuova immagine e abituarsi anche alle caratteristiche fisiche e meccaniche  delle eventuali protesi come abbiamo visto anche nelle precedenti slide, mi sono piaciuti molto i traning sulle protesi perché abituano i paziente all’usare l’arto e quindi questo è un aspetto che va a braccetto con la psicologia fondamentalmente. Accettare poi se stessi con una nuova identità e corporeità. Altre variabili che incidono nel post intervento sono ansia, depressione, sottovalutazione, perdita traumatica, senso di vuoto collegato appunto al senso del lutto, isolamento, sconforto legato all’impossibilità di correggere le cicatrici, alterazione dell’immagine corporea seguita da forti crisi di ansia per la sensazione di incompletezza anatomica perché ci manca qualcosa, difficoltà di integrarsi nella società perché ci si sente stigmatizzati, esclusi, isolati e trattati diversamente. Che cosa succede quindi nella fase pre operatoria immediatamente prima dell’intervento? Il paziente inizia a realizzare la possibilità che può perdere l’arto però in questa caso  c’è ancora una sensazione di incredulità quando l’arto non l’ha ancora perso e purtroppo però questa fase non è neanche sempre possibile perché ci sono alcuni casi, immagino, poi i medici ci sapranno dire meglio di me dove un amputazione avviene per il risultato di un’emergenza e quindi non sempre il paziente viene anticipato e il dolore in questi casi è la prima reazione ed è ancora più difficile per il paziente arrivare all’accettazione che sarebbe un po’ la punta di un iceberg. Nella fase post operatoria ci sono due fasi post operatoria, l’immediata che inizia con la realizzazione che l’arto non è più presente e termina con l’inizio della riabilitazione. La fase riabilitativa corrisponde alla fase del lutto, immaginiamo le fasi del lutto la fase di shock, elaborazione, riconoscimento, elaborazione di una serie di emozioni legate a ciò che è appena accaduto ed in fine l’accettazione, non siamo ancora nella fase dell’accettazione ma n quella prima dove emergono una serie di emozioni che sono poi più meccanismi difensivi e che avvolte non permettono neanche un adeguato trattamento perché spesso i pazienti si rifiutano, infatti  può succedere che ci sia negazione da parte del paziente perché cerca di tenere a bada il dolore fondamentalmente quindi se da un lato la negazione impedisce al dolore di emergere l’arto però impedisce al paziente di seguire un trattamento pianificato, si possono sviluppare aggressioni , anche umore euforico possiamo notare anche degli atteggiamenti come possiamo dire strani no? Cioè il paziente inizia a sminuire quello che è appena accaduto per rimuovere l’ansia quindi sono tutti meccanismi di difesa, oppure depressione apatia e preoccupazione per la perdita dell’arto. Andiamo di nuovo sulla depressone e vediamo alcuni dati e alcuni studi ci indicano un’alta incidenza fino a 2-3 anni dopo l’intervento, però consideriamo anche un altro aspetto una fase depressiva reattiva è normale soprattutto nei primi due anni dal intervento parliamo di un’amputazione ovviamente e quindi per questo è importante anche seguire un percorso psicologico che non è necessariamente una psicoterapia in senso stretto ma può essere anche una serie di consulenze di accompagnamento nei team multidisciplinari quindi un po’ come se il paziente venisse accolto da un equipe e per questo il paziente è molto importante. Fattori che incidono sulla depressione è lo stato di salute in generale, livello e intensità del dolore dovuto all’arto fantasma perché questo dolore è come se ci dicesse che l’arto esiste ancora, alla causa dell’amputazione se deriva da un incidente, un infortunio o una malattia. Anche l’identità viene toccata, si può sviluppare una crisi di identità perché a causa del cambiamento nella percezione del se proprio per l’incongruenza tra l’immagine inferiore rimasta invariata a causa del dolore dell’arto fantasma e l’immagine esteriore legata al fatto che l’arto non c’è più quindi questa incongruenza genera una fortissima crisi che va assolutamente colta e valutata in tempo. Alcuni studi sostengono che per avere risultati positivi nel breve termine sarebbe utile una protesizzatine precoce la dove sia possibile e un programma riabilitativo individuale con un adeguato sostegno psicologico utile anche per l’inserimento sociale e lavorativo. Un elemento importante è il supporto sociale considerato come una risorsa però ha i suoi pro e i suoi contro, ovvero dipende da come arriva, può aiutare nel processo riabilitativo si nell’uso delle protesi, nella ripresa delle attività per molte persone può essere uno strumento che accentua le sue disabilità alla sua difficoltà nel raggiungimento della sua autonomia, dobbiamo are molta attenzione a questo elemento e dobbiamo imparare come psicologi a trovare un equilibrio e a considerare la persona che ci sono persone che si appoggiano tanto agli alti persone che invece non amano appoggiarsi per niente agli altri e questa è una variabile importantissima trovare l’equilibrio significa dare il giusto supporto sociale fare sapere al paziente che ci siamo in alcuni casi ma non siamo lì per sostituirlo è fondamentale.

La figura dello psicologo nello specifico è quella di poter fornire supporto al singolo paziente oppure anche alla famiglia che viene coinvolta in queste situazioni si può anche vede di includere partecipazione a gruppi di supporto per persone amputate oppure specifiche tecniche di gestione dello stress. L’intervento psicologico per la prevenzione del rischio, di incremento delle varie difficoltà, per il mantenimento delle risorse ma anche per lo sviluppo di nuove risorse per favorire l’accettazione, la crisi d’identità per un lavoro con l’immagine corporea per favorire un senso di autoefficacia, un senso di padronanza di se e per lo sviluppo di abilità di coping che come vediamo consentono di gestire momenti di crisi, maggior controllo della tensione e promuovano comportamenti funzionali.

La nostra Fondazione, io faccio parte di questo progetto, abbiamo le stanze di Ale ed abbiamo anche la stanza digitAle visti i tempi del covid ed effettuiamo consulenze anche on line, il paziente viene inserto nell’ambito di un protocollo multidisciplinare di cui fanno parte medici, specialisti del settore e psicologi è previsto nell0’ambito dela prima visita una consulenza anche con lo psicologo, il paziente deve poter fare affidamento ad una rete di specialisti in un momento così difficile della sia vita ci tengo a sottolineare multidisciplinare perché solo psicologo non può aiutare come il solo medico non può aiutare ed è l’intervento di tutti che può aiutare che si tratti di un aspetto fisico o di un apatologia fisica che comporti i danni ma anche delle difficoltà a livello psicologico. Quali sono gli obiettivi sono affrontare la notizia appresa per migliorare la questione delle emozioni, prevenire i disturbi, gestire scelte inerenti a trattamenti specifici e sostenere il paziente rispetto all’evento stressante.

Grazie per l’attenzione